La Tricky Tour di Novara ha organizzato una gita in giornata alla Rocca e al paese di Soncino e, nel pomeriggio, al centro di Cremona dove sono ubicati i maggiori monumenti della città. La prima tappa è la visita guidata della Rocca di Soncino.
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Comune di circa 7500 abitanti della provincia di Cremona, si trova nella Pianura Padana, al centro della Lombardia.Dal 2004 si fregia del titolo di città. Sorge sulle rive del fiume Oglio in una zona ricca di fontanili e risorgive è anche un territorio sismico. L'origine di Soncino non è del tutto chiara: alcuni ritrovamenti archeologici possono far presumere un transito di popolazioni preistoriche attraverso il territorio soncinese, che in quest'epoca (dal periodo neolitico all'inizio dell'età del ferro) era bagnato dalle acque paludose del lago Gerundo. Il dosso su cui sorge l'odierno centro storico di Soncino doveva allora emergere dalle acque e, quindi, poteva essere un luogo protetto e sicuro. L'arrivo dei celti (V-III secolo a.C.) coincide con la nascita di una zona di confine tra i celti e gli etruschi, per lo più stanziati sulla sponda bresciana e mantovana del fiume Oglio. In seguito l'Oglio fu confine per due popolazioni celtiche gli Insubri e i Cenomani. Risalgono all'epoca romana (II secolo a.C.-IV secolo d.C.) numerosi ritrovamenti di materiale laterizio oltre che di due ville e alcune fornaci presso la frazione di Gallignano, che sembra essere la prima abitata. Questo perché si trova a un'altitudine superiore e, quindi, non interessata dalle acque del Lago Gerundo.
L'invasione delle popolazioni germaniche che provocò la caduta dell'Impero romano d'Occidente, coincide con il periodo tradizionale della fondazione di Soncino. Secondo gli storici furono i Goti, una popolazione di origine germanica, a stabilire un primo insediamento sul dosso. Lo stesso toponimo Soncino pare sia di ascendenza germanica e significherebbe "re delle acque". All'epoca delle invasioni ungare (IX-X secolo) nel Nord Italia si assiste alla nascita di numerose fortificazioni, fenomeno che probabilmente ha interessato anche Soncino, determinando una progressiva frammentazione del territorio. Il 1118 è una data fondamentale in quanto a Soncino viene istituito a "borgo franco" segnando il passaggio dalla zona d'influenza bergamasca a quella cremonese comportando una espansione demografica ed economica. Il controllo dell'attraversamento del fiume Oglio permette di incamerare pedaggi e ricchezze. Incominciarono, in quel momento, violenti contrasti con i bresciani che nel 1118 fondarono il borgo franco di Orzinuovi per limitare il potere cremonese nella zona. Nel XIII secolo, sotto la guida di Buoso da Duera, avviene la prima militarizzazione di Soncino. Viene risistemata la vecchia rocca e si costruisce interamente la cinta muraria. L'aumento della ricchezza consente anche migliorie dal punto di vista dei pubblici servizi come la costruzione del sistema idrico-fognario che permette anche il funzionamento dei numerosi mulini. Con il privilegio del 1311 Soncino viene sottoposto direttamente all'Impero senza il controllo di nessun'altra città, come lo era stato prima con Cremona. I privilegi concessi erano di natura economica che intendevano favorire l'espansione commerciale di questo territorio. Nel 1313 lo stesso Enrico VII, con diploma imperiale, investe in feudo Soncino a Giovanni I conte del Forese, un'infeudazione che non impedì l'indipendenza della comunità soncinese. Nel periodo visconteo (1385-1454) Soncino diventa la più importante roccaforte di difesa lungo la linea di confine del fiume Oglio tra Milano e Venezia che per ben tre volte nel XV secolo riuscì a impadronirsi di Soncino. Si sviluppa grandemente l'attività imprenditoriale sia con la famiglia degli ebrei che con alcune famiglie locali, continuando anche nel secolo XVI. Ciò permise una diffusione dei famosi pannilana soncinesi, allora richiesti su tutti i mercati europei.
La seconda grande militarizzazione del borgo avvenne nell'epoca sforzesca (1454-1536) con il rifacimento completo della cerchia muraria e con la costruzione della nuova rocca. Nel 1488 venne stampata la prima Bibbia completa in lingua ebraica dalla famiglia di stampatori ebrei. Con l'arrivo degli spagnoli (1536) inizia il periodo di decadenza del comune e l'infeudazione a opera di Carlo V in favore dei marchesi Stampa limita i privilegi avuti nei secoli passati. Lo stanziamento di numerose truppe militari spagnole contribuisce, inoltre, all'impoverimento del territorio ed alla progressiva perdita di vitalità economica. Tra il XVIII e la prima metà del XIX secolo avviene la completa smilitarizzazione a opera prima degli austriaci mediante l'abbattimento delle quattro porte medioevali e poi di Napoleone. Questi ultimi avvenimenti determinarono la fine della storia indipendente del borgo.
Il complesso è formato da due recinti quadrangolari, il più grande costituito da quattro torri collegate tra loro da muri massicci. Il recinto minore forma il grande rivellino, tipico elemento difensivo quattrocentesco che assume nella Rocca di Soncino una speciale importanza e per le sue dimensioni assume l'aspetto di un fortilizio, posto a difesa dell'accesso al castello e con essa unito tramite ponte levatoio e passatoia, che in caso di conquista o attacco, poteva essere facilmente isolato alzando i due ponti e costituiva uno sbarramento fortificato, che doveva assorbire gli sforzi di sfondamento degli assalitori; due scale scoperte permettono tutt'ora la salita allo spalto. Oltre all'uscita verso l'abitato, il Rivellino ne ha una verso la campagna, attraverso un ponte levatoio con un massiccio ponte merlato. Il raccordo tra il Rivellino e la struttura maggiore è operato da due ponti levatoi: uno per pedoni e l'altro per cavalieri e carrozze. Superato l'androne principale, ecco il piccolo cortile cinto da massicce cortine murarie, percorse da camminamenti con spalti merlati. Subito a destra, si apre una scaletta che porta al sotterraneo della Torre del Capitano, o Torre del Castellano. Scendendo, si raggiunge il locale che ospitava una porta levatoia, la quale si abbassava sul pontile in muratura, che superava il fossato per introdurre al cunicolo che collegava la Rocca al complesso conventuale di Santa Maria delle Grazie. Uno dei locali, con un rialzo lungo una parte, fungeva da prigione. Una scala interna conduce dal sotterraneo all'abitazione del castellano. La torre è costituita da due locali sovrapposti. Il locale a piano cortile è dotato di un grande camino e d'una finestra. Un'apertura nel muro orientale, presso l'angolo, ospita il pozzo per l'acqua ad uso domestico. La stanza superiore, con pozzo e latrina, era collegata sia allo spalto settentrionale che a quello occidentale da porte levatoie.
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La "Torre del Capitano" costituiva l'estrema possibilità di resistenza e difesa, da qui gli assediati potevano raggiungere l'uscita verso Santa Maria delle Grazie. Una scaletta, che si apre nell'androne della porta verso lo spalto, guida al piano della merlatura ghibellina. Le torri a base quadrata poste agli angoli orientali, sono identiche. La stanza a piano cortile ha una finestra e il soffitto a volta a lunette; due porte conducono, l'una al sotterraneo costituito da due ordini di locali sovrapposti, l'altra al piano superiore, aperto sugli spalti, un'altra scaletta guida al piano della merlatura. Nella torre di sud-est, il vano al piano degli spalti fu adattato a cappella. La torre a base circolare presenta un angolo rientrante che permette l'inserimento degli spalti nel baluardo. L'originalità della torre è sorta dalla necessità di adeguare a baluardo un torrione che, con altri otto, costituiva la barriera delle mura del borgo. Al piano degli spalti s'apre un vano a pianta circolare a calotta sferica; attorno ad esso si snoda una scaletta che porta al piano della merlatura. Il grande fossato che circonda la rocca era diviso in tre settori: permanentemente inondato d'acqua il primo, ad occidente verso la campagna l'acqua per riempire il fossato veniva prelevata da una diramazione della Roggia Bina e poi dal Naviglio Pallavicino.
Nel vano a livello degli spalti vi sono tracce di affreschi. Il più antico di questi rappresenta una Madonna col Bambino, un Leone di San Marco, un grande stemma fiancheggiato dai tizzoni accesi cui sono appese le secchie, che illustra il motto degli Sforza "Accendo e spengo"; ai lati la mano nell'atto di sciogliere un levriero dalla catena cui è legato all'albero. La volta della torre è decorata con un motivo a pergolato, che ricorda la Sala delle Asse di Leonardo da Vinci nel Castello Sforzesco di Milano.
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Terminata la visita della Rocca, si entra le vie centrali del borgo, si passa vicino ai resti dell'attività serica (in quei tempi erano ben dieci le filande nel borgo) con il grande edificio giallo dove avvenivano le operazioni di recupero e filatura della seta e, dopo alcuni palazzi decorati in cotto, si intravede la torre della Chiesa di San Giacomo del XIV secolo. Nasce originariamente come un luogo di sosta dei pellegrini diventa poi un convento degli agostiniani che vi ergono la torre eptagonale, leggermente pendente. Il culmine della sua importanza lo raggiunge con i domenicani che si insediano nel XV secolo e poco alla volta creano tre chiostri e soprattutto insediano una farmacia e un importante biblioteca. Il convento fu retto come priore da Michele Ghislieri divenuto poi papa Pio V.
Il borgo in questa giornata è in festa per la cinquantasettesima Sagra delle Radici. La radice amara, gustosa verdura invernale, è un prodotto caratteristico del territorio circostante l'antico borgo fin dal 1907 e si recupera da un tipo particolare di cicoria. Nel comune di Soncino, nella frazione di Gallignano, ne è rimasta solo una a produrre queste radici: è la Oroverde di Roberto Bosio, attiva dagli anni Cinquanta e ormai detentrice di una decennale esperienza di coltivazione di questo prodotto. Si consuma come una verdura ma fa bene come una medicina: è un depurativo contenente inulina che produce benefici effetti sull'intestino e sul sangue. Ha la forma di una carota ed è raccolta in autunno-inverno per giungere sulle tavole dei buongustai.
Durante la festa, le radici preparate il giorno precedente in acqua e limone, vengono fatte cuocere, in grossi pentoloni e abbinate a salamelle vengono servite ai tavoli sistemati sotto i portici di piazza del Comune. Fanno corona banchetti con l'esposizione di prodotti gastronomici e di produzione locale.
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Pieve di Santa Maria Assunta (XII secolo) Sembra che la primitiva chiesa di Soncino fosse sorta nel V secolo. Si sa che nel 605, dopo la conquista longobarda di Cremona, il vescovo Anselmo scappò dalla città e si ritirò nella pieve di Soncino, presso la quale rimase sino al 615. Nell'anno 828 la pieve fu elevata al rango di collegiata. La chiesa venne riedificata nel 1150 e sottoposta ad un intervento di rifacimento nel 1280. La chiesa subì un rifacimento nel 1580 per adattarla alle disposizioni approvate durante il concilio di Trento; all'inizio del XVII secolo terminarono ulteriori lavori di ampliamento. Nel 1802 la pieve fu danneggiata da una scossa di terremoto e, pertanto, venne restaurata. Tra il 1883 ed il 1888 la chiesa fu ampliata e, in quell'occasione, si costruì la cupola e sulla cuspide della torre campanaria si pose una statua in rame che rappresentava la Madonna Assunta, che fu poi rovinata da un fulmine nel 1952, venne ristrutturata, poi un'altro fulmine la fece crollare nel 2001, e nuovamente ristrutturata. Il 17 luglio 1986 la parrocchia di Santa Maria Assunta si fuse con la cessata parrocchia di San Giacomo Apostolo avente sede nell'omonima chiesa posta a poca distanza dalla pieve e fu ridenominata in parrocchia dei Santi Maria Assunta e Giacomo Apostolo.
La chiesa attuale è il risultato di varie modifiche, dall'originario impianto romanico a basilica del secolo XII, alla ristrutturazione del 1580 e a quelle dopo il terremoto del 1802. La facciata si presenta in cotto, divisa in tre parti, dei quali quello centrale è in pietra di Rezzato, con pilastri angolari sormontati da pinnacoli, un grande rosone centrale e l'ingresso protetto da un protiro sostenuto da due colonne in pietra su due leoni. L'interno, in stile neogotico, è solenne nella vivace decorazione del 1897. La cupola è decorata dalla grande Teofania, preceduta dai Santi protettori di Soncino, Martino e Paolo.
Sugli archi del tiburio sono rappresentati la Madonna Assunta con gli Angeli, il Cristo Risorto, S. Pietro, papa Leone XIII ed altri santi, entro medaglioni su fondo dorato in finto mosaico. Negli archetti della cornice in cotto una serie di piccoli Santi invitano a guardare il bellissimo cielo stellato della cupola. La prima cappella, dedicata all'Immacolata Concezione, venne edificata nel 1631 quale voto per la fine della peste, presenta un altare barocco in marmi policromi con una statua della Madonna Immacolata, in legno, intagliata nel 1759. Sopra l'antico fonte battesimale possiamo ammirare un affresco degli inizi del XVI secolo raffigurante la SS. Trinità ariana. La particolare iconografia del dipinto con le Tre persone assolutamente identiche indussero le autorità ecclesiali durante la Controriforma a far coprire l'immagine, ritrovata nel 1843 durante i lavori di rifacimento della cappella. Nonostante non vi siano indizi certi, l'affresco dovrebbe essere di un pittore di Soncino.
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La Chiesa di Santa Maria delle Grazie (XV secolo) è un notevole esempio di architettura rinascimentale eretta nel 1492. Appare completamente affrescata con dipinti tra i quali emergono il Giudizio universale sulla controfacciata e le opere di Giulio Campi. La chiesa fu consacrata l'8 settembre 1528 da monsignor Luca da Seriate, alla presenza di Francesco II Sforza che aveva sostenuto le spese per l'imponente ciclo di affreschi. Santa Maria delle Grazie divenne una chiesa-pantheon per la nobile e potente famiglia locale degli Stampa. Nel 1536 Carlo V, proprio in questa chiesa, investì Massimiliano Stampa del marchesato di Soncino. L'edificio sorge su un tratto ormai dimenticato dell'antica strada commerciale di origine romana, l'antica strada Calciana che collegava Bergamo a Cremona.
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Al termine della visita a Soncino, e dopo aver gustato radici e salamella, alle quattordici e trenta partiamo per Cremona. Sarà una visita dedicata ai soli monumenti storici della piazza centrale, Duomo, Battistero, Torrazzo, Palazzo comunale e Loggia dei Militi (esterno).
La città di Cremona conta poco più di 70 mila abitanti ed è capoluogo della provincia omonima. Nota per l'antico artigianato del violino, la città si trova al centro della Pianura Padana, poco distante dalle rive del Po. Il toponimo è di origine incerta, ma sembra preromano, forse celtico dai Cenomani, legato alla variante prelatina "carm" del termine "carra", cioè sasso, roccia, e dal suffisso prelatino -ona. La città nacque durante il periodo repubblicano. Fu fortificata dai Romani nel 218 a.C. da 6.000 coloni come castrum avanzato in riva al Po, quando i Romani vennero a conoscenza dell'avanzata di Annibale dalla Spagna verso l'Italia e divenne subito un vitale centro dell'area padana, con un anfiteatro, un foro e le terme. Dal suo porto sul fiume Padus, iniziavano la via Regina, una strada consolare che collegava Cremona con Chiavenna passando da Milano, e la via Brixiana, strada consolare che metteva in comunicazione il porto fluviale di Cremona con Brescia da cui passavano diverse strade romane che si diramavano verso l'intera Gallia Cisalpina. In epoca romana Cremona era anche il terminale della diramazione secondaria della via Mediolanum-Placentia che si staccava da Lodi Vecchio. Era attraversata dalla via Postumia che collegava Aquileia a Genova superando il Po nei pressi dell'antico insediamento. La via nel periodo tardo romano perse progressivamente importanza ma la città mantenne il porto fluviale, attestato sino al periodo tardo antico. Nel 69 d.C. fu assediata e distrutta dalle truppe di Vespasiano e poi riedificata con l'aiuto dello stesso imperatore.
Per un lungo periodo la città scomparve dalle cronache del tempo, citata solo in pochi documenti o nominata per la provenienza di qualche personaggio illustre. Nel 603 Cremona, baluardo bizantino, fu conquistata dai longobardi che ne smembrarono il territorio. In quest'epoca a Cremona emersero alcune famiglie longobarde fra cui i Colleoni, i Crotti, i Suardi. La città retta dal vescovo non divenne sede di ducato autonomo e laico e anche dopo la conquista carolingia il vescovo conte mantenne ed ampliò il suo controllo sulla città e sul contado. Il nell'825 l'imperatore Lotario I promulgò il capitolare di Corteolona che istituì le scuole imperiali: così oltre a Pavia capitale del Regno d'Italia, anche Cremona ebbe la scuola di diritto, di retorica e arti liberali, ereditando la tradizione della scuola di diritto fondata dall'imperatore romano Teodosio I; dalla sede cremonese dipendevano anche gli studenti di Piacenza, Parma, Reggio e Modena. Tra il novecento e il mille la città accrebbe il suo potere, grazie ad importanti concessioni ai vescovi rettori della città. Tra gli altri si distinsero Liutprando, che fu chiamato alla corte imperiale in Sassonia, pur rimanendo vescovo, e Olderico, che riuscì ad ottenere dall'imperatore Ottone III importanti privilegi per la città. Furono i vescovi Lamberto e Ubaldo a creare dissidi con la popolazione cremonese per la gestione delle proprietà del Monastero di San Lorenzo. Fu necessaria la mediazione dell'imperatore Corrado II che nel 1037, stabilitosi in città, diede rifugio a papa Benedetto IX, il papa ragazzino. Con l'imperatore Enrico IV la città si rifiutò di pagare gli oppressivi balzelli che l'impero richiedeva e che il vescovo conte imponeva ai cittadini. Nacque così la narrazione del leggendario scontro tra il principe Enrico e Giovanni Baldesio (Zanén de la Bàla)
Nello stemma di Cremona non c'è né un violino, né il torrone, né il torrazzo, tutte cose associate alla città, ma vi è un braccio la cui mano regge una palla. Si tratta di una palla d'oro. La leggenda narra che in epoca medievale Cremona, sotto il Sacro Romano Impero, dovesse pagare ogni anno all'imperatore una tassa di una palla d'oro di ben 5 chili. I cremonesi, un bel giorno decisero che dovevano sottrarsi a quell'obbligo e mandarono il giovane gonfaloniere Giovanni Baldesio, a combattere contro il figlio dell'imperatore Enrico IV: in caso di vittoria, la città avrebbe smesso di pagare tale tassa. Il Baldesio vinse il duello e Cremona non pagò più la tassa annuale. Come ricompensa Giovanni, che divenne noto a tutti come Zanen de la Bala, ebbe in sposa Berta de Zoli, una bella fanciulla che gli portò in dote ricche proprietà terriere. E fu così che questa impresa eroica venne immortalata nello stemma cittadino, associato alla scritta fortitudo mea in brachio. La statua che si trova nei pressi del Torrazzo venne trovata durante scavi in duomo nel 1417, e fu posta sulla facciata del duomo, tra un leone e un toro, richiamo evidente a due delle 12 fatiche di Ercole, e rappresenta un personaggio con 3 palle, non una sola. Alcuni dicono che sia Baldesio, altri Ercole, mitico fondatore di Cremona; dei tre templi a lui dedicati in città, uno era nel sito dell'attuale Duomo e si ipotizza che rappresenti Ercole al ritorno della sua XI fatica, il furto di tre pomi d'oro delle Esperidi, dono di nozze di Zeus a Era, ma che Ercole dona ad Afrodite. Sembra ormai accertato che quella di Zanen sia una leggenda che gli storici cremonesi inventarono in base ad alcune sculture conservate nella cattedrale, compresa la statua. Ma sulla cuspide del Torrazzo vi è una palla d'oro, quella si in segno di ringraziamento!
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Nel 1093 si formò un'alleanza militare anti imperiale capeggiata da Matilde di Canossa, che aveva numerosi possedimenti a cavallo del Po, cui partecipavano Lodi, Milano, Cremona, Piacenza. Il conflitto si risolse con il giuramento di obbedienza dell'imperatore Enrico IV a papa Urbano II e con la donazione nel 1098 dell'Insula Fulcheria (corrispondente oggi all'area di Crema) alla città di Cremona che con questo atto si costituì in libero comune, diventando una delle più ricche, potenti e popolose città dell'Italia Settentrionale. A partire dal 1093 il comune lottò con i comuni vicini per ampliare e difendere il proprio territorio. Le guerre furono numerose e spesso vittoriose come nel 1107, o nel 1111 che segnò invece una sconfitta.
In questo periodo la città ebbe forti divisioni interne fra la parte di città legata ai ghibellini, città vecchia, e quella legata a guelfi, città nuova. Il conflitto giunse al punto di creare due palazzi comunali. Con la discesa del Barbarossa la città si alleò all'imperatore che appoggiò Cremona contro la rivolta di Crema. La vittoria e la fedeltà all'impero permise al comune di battere moneta e quindi di creare una propria zecca autorizzata da una bolla imperiale. Nel 1160 Cremona riconquistò Crema e, appoggiando l'imperatore, diede l'assalto a Milano distruggendola (1162). Alla città fu affidata l'area di Porta Romana in Milano. È solo nel 1167 che la città si schierò con gli altri comuni italiani contro l'impero, entrando a far parte della Lega Lombarda, che il 29 maggio 1176 sconfisse le truppe imperiali a Legnano. L'unione durò poco e le città tornarono a scontrarsi nel 1213 a Castelleone dove i cremonesi sconfissero una lega milanese composta dai comuni di Lodi, Piacenza, Crema, Novara, Como e l'appoggio dei bresciani.
Nel 1232 iniziò il legame tra Cremona e l'imperatore Federico II chiamato in causa in una disputa di potere interno alla città. Nel 1225 Federico II di Svevia, convocata nella città la Dieta di Cremona, portò alla nascita della seconda Lega lombarda. La nuova alleanza con l'impero condusse alla vittoria nella battaglia di Cortenuova contro la Lega Lombarda. Federico II portò spesso la sua corte nella città e l'unico episodio spiacevole fu la sconfitta ad opera dei parmigiani a Vittoria, città creatura di Federico II, che vide la cattura di più di duemila cremonesi. Qualche anno dopo, la ritorsione nei confronti dei parmigiani fu molto dura: questi furono sconfitti ad opera di Oberto II Pallavicino, gli fu sottratto il carroccio e i pantaloni di alcuni di loro per derisione rimasero appesi a lungo nel duomo di Cremona.
Il primo novembre 1266 Oberto II Pallavicino venne cacciato dalla città e con lui cadde il governo ghibellino. Al suo posto prese il potere un altro ghibellino, Buoso da Dovara, allora signore di Soncino (Lungo le mura di questo feudo fece scrivere: MCCXLVII INDICT. V. EST FACTUM OPUS IMPERANTE DOMINO BOSIO DOVAR), che lo cedette al Consorzio di Pace e Fede, che lo gestì sino al 31 dicembre 1270. L'anno seguente fu istituita la figura del Capitano del Popolo che assunse, per parte guelfa, i poteri comunali per sei anni.
Nel 1276 Cremona passò alla signoria dei marchesi Cavalcabò, che ne diressero le sorti sino al 1310. In questo periodo furono eseguite numerose opere edilizie: la cella campanaria del Torrazzo e la sua ghirlanda ottagonale con cuspide, i transetti della cattedrale e la Loggia dei Militi. Sempre allo stesso periodo datano numerose sistemazioni agrarie tra le quali la realizzazione di canali irrigui nel territorio a vocazione agricola. A partire dal 1311 la signoria dei Cavalcabò si alternò con signori esterni alle famiglie cremonesi di partito guelfo. Con la fine della signoria dei Cavalcabò il 29 novembre 1322 entrò in scena un'altra famiglia lombarda: i Visconti che influenzeranno la storia della città per centocinquanta anni, sino al 1403. In quell'anno vi fu la riconquista della signoria da parte della famiglia Cavalcabò, che non durò a lungo. Il 25 luglio del 1406 il capitano delle truppe dei Cavalcabò, uccise i maschi della famiglia Cavalcabò, assumendo la signoria della città. Impossibilitato a gestire il potere si ritirò a Castelleone in cambio di 40.000 fiorini d'oro pagati dalla famiglia Visconti. Nel 1406 la signoria passò a Filippo Maria Visconti, che la rese ereditaria. Cremona con questo atto entrò nel Ducato di Milano e ne seguì le sorti sino all'unità d'Italia. Sotto i Visconti prima e gli Sforza poi Cremona ebbe un intenso sviluppo culturale e religioso. Nel giugno del 1431 presso la città la flotta del ducato di Milano si scontrò con quella veneziana, che intendeva conquistare Cremona. La battaglia fu molto cruenta e terminò con la vittoria delle navi viscontee. Nel 1441 la città fu scelta per celebrare le nozze tra Francesco I Sforza e Bianca Maria Visconti, il 25 ottobre.
Anche Ludovico il Moro finanziò importanti opere cittadine per la cattedrale, come il sopralzo del frontone e la realizzazione del porticato denominato la Bertazzola, il rivestimento parziale in marmo del battistero, il rifacimento della facciata della chiesa di S. Agata e del Palazzo Comunale. Con la guerra tra Ludovico il Moro e la Francia di Luigi XII Cremona passò per un breve periodo sotto la Repubblica di Venezia, dal 1499 al 1509. Poi Cremona ritornò al Ducato di Milano, retto dai francesi di Luigi XII, nel 1509. Le alterne vicende che videro opporsi Spagna, Francia, Repubblica di Venezia e Ducato di Milano, hanno termine con il Trattato di Noyon del 1516 che sancisce l'esilio del duca di Milano. La conquista di Cremona ad opera degli spagnoli avvenne nel 1524. La sconfitta finale francese e l'espulsione delle truppe dal Ducato di Milano sono sancite nel gennaio 1526 dal Trattato di Madrid. Contro gli Asburgo la Repubblica di Venezia mosse le proprie truppe alla riconquista di Cremona, il 26 settembre 1526, ma la sconfitta di Giovanni dalle Bande Nere a Governolo aprì la strada che portò i lanzichenecchi a saccheggiare Roma. Nel 1546 il ducato passa a Filippo II, re di Spagna e futuro erede del titolo imperiale; inizia per Cremona e la Lombardia un lungo periodo di dominazione che tenderà a sottrarre risorse senza reinvestire nelle opere infrastrutturali e produttive del territorio. Alla fine del Seicento l'incapacità spagnola nella gestione del territorio dopo la carestia (1628) e la peste (1630), unita all'interesse della casata d'Austria per l'Italia settentrionale, portò alla conquista austriaca del 1707. La dominazione straniera fu ratificata nel 1714 dalla Pace di Utrecht. Cremona seguì le vicende della Lombardia nei secoli XVIII e XIX e quelle dell'Unità d'Italia.
Il 13 novembre la città celebra il proprio patrono, Sant'Omobono, protettore dei sarti. L'economia della città è legata al sistema produttivo provinciale a prevalenza agricola. Oltre alle aziende agricole sono presenti importanti industrie alimentari italiane: salumi (Negroni), dolciumi (Sperlari, Vergani, Barilla-Mulino Bianco), oli vegetali (Oleificio Zucchi), formaggi (Auricchio). L'artigianato cremonese è caratterizzato dalle botteghe di liutai, specializzate nella produzione di strumenti ad arco, riconosciute a livello mondiale per la qualità degli strumenti prodotti e che si riallacciano alle figure di Stradivari, Guarneri e Amati. Diversi violini di questi grandi liutai sono custoditi nelle sale del Palazzo Comunale di Cremona.
La fondazione del Duomo, cattedrale di santa Maria Assunta, è del 1100 e gli ampliamenti del 1200 e del 1300. Il luogo scelto per la costruzione era il punto più alto della città medioevale, non lontano dal centro dell'originario castrum romano, al riparo dalle alluvioni del Po che all'epoca scorreva molto più vicino al centro storico rispetto ad oggi. Non esistono notizie sicure su chiese paleocristiane preesistenti alla Cattedrale, però si ipotizza che ne esistevano due, dedicate a Santo Stefano e a Santa Maria, prima del 1107 quando, come testimonia la pietra di fondazione, conservata sopra la porta d'ingresso della sagrestia dei canonici, permette di conoscere la data in cui è cominciata la costruzione del massimo tempio cittadino: era il 26 agosto 1107 e a reggere l'iscrizione sono Enoch ed Elia, due figure di cui l'Antico Testamento non narra la morte: simbologia che richiama l'idea di eternità auspicata per la Cattedrale come per i profeti. Fu un terremoto del 3 gennaio 1117 a sconvolgere il Nord Italia e danneggiare gravemente anche la nuova cattedrale interrompendo i lavori, ripresi poi nel 1129, e nel 1190 avvenne la consacrazione, presieduta dal vescovo Sicardo. Non è ancora oggi chiaro quanto della costruzione fu danneggiato dal sismo; sembra però che parecchio del materiale del vecchio edificio venne riutilizzato, compresi alcuni elementi decorativi come i profeti del portale maggiore. L'aspetto originale del Duomo di impianto romanico è diverso dall'attuale. La pianta molto irregolare dell'edificio era di tipo basilicale, senza transetto, a 3 navate absidate, delle quali quella centrale era coperta a capriate con tetto a vista. La facciata era in cotto ed aveva un solo ingresso. Fu continuamente riadattato con elementi gotici, rinascimentali e barocchi.
Nel Duecento l'edificio subì infatti profonde trasformazioni tra cui la costruzione delle volte gotiche in muratura della navata centrale e l'edificazione del transetto. All'inizio del Trecento doveva essere già ultimato il Torrazzo, originariamente torre civica a carattere difensivo, diventato poi l'altissimo campanile del Duomo. Durante i secoli XIII e XIV furono aggiunti i due bracci del transetto, conferendo alla chiesa una planimetria a croce, non propriamente a croce latina, in quanto la lunghezza del transetto supera quella del corpo principale. Alla fine del Quattrocento inizia la sopraelevazione della parte centrale della facciata del Duomo con il rifacimento della parte superiore realizzata nel 1491 che conferì l'aspetto attuale con le nicchie dei santi, il timpano, le volute e la guglia centrale. Nel medesimo periodo, fu realizzato parte del nartece che collega il Duomo al Torrazzo, completandolo all'inizio del secolo successivo con la costruzione della loggetta rinascimentale. La facciata principale è rivestita di marmo bianco di Carrara e rosso di Verona dai maestri Campionesi, è caratterizzata da un grande rosone centrale (XIII secolo). Il fronte è alleggerito da una loggia a due piani, interrotta nel mezzo dall'elegante protiro sormontato da una loggetta a tre arcate, che accolgono le statue di Sant'Imerio, la Vergine Maria e Sant'Omobono. Due leoni reggono le colonne del protiro. Gli interventi rinascimentali riguardano soprattutto la parte superiore della facciata; nel 1491 si innalza un attico con quattro nicchie, ospitanti le statue dei Ss. Pietro, Paolo, Pietro Esorcista e Marcellino, scolpite nel 1507. I due bracci del transetto terminano anch'essi con una facciata. Quella del braccio settentrionale fu completata nel 1288 ma ripresa nel 1319 per riparare i danni di un terremoto, mentre quella del braccio meridionale fu terminata nel 1374. Entrambe le facciate hanno la forma a capanna, con la cuspide alleggerita da una galleria ad archi, un grande rosone centrale e due rosoni laterali leggermente più piccoli. L'intero edificio è sormontato da numerose guglie, di ispirazione nordica: tre sovrastano la facciata settentrionale, tre la facciata meridionale, due il complesso absidale e due la facciata principale, per un totale di dieci.
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Il Torrazzo è la più alta torre campanaria medievale in laterizi d' Europa, secondo campanile storico più alto in Italia e trentaseisimo in Europa, finito con la ghirlanda nel 1305, alto 122,217 metri, costruito a doppia canna e si compone di due torri inserite l'una nell'altra e nell'intercapedine vi è una scala di 502 gradini. Esternamente la torre è suddivisa in due parti: la parte inferiore è a base quadrata, scandita da una serie di piani marcati da cornici decorate con archi ciechi intrecciati, sulle quali poggiano le monofore, bifore, quadrifore fino alla loggetta terminale; la parte superiore è costituita dalla ghirlanda, costruita fra il 1284 e il 1305 in stile gotico. L'orologio astronomico, di 8,40 metri di diametro, è un vero capolavoro di meccanica e venne realizzato a partire dal 1582, anno della riforma gregoriana del calendario.
La salita al Torrazzo è un viaggio spirituale dalla terra al cielo salendo i gradini che portano all'ultima terrazza. Negli ambienti della grande torre si trovano, salendo, la Sala del Quadrante, la Sala del meccanismo, la Sala della Misura del Tempo e la Sala dell'Astronomia. Il torrazzo ospita un concerto di 7 campane intonate in scala di La bemolle maggiore e un'ottava campana, detta la campana delle ore chiamata il “Re” battiore, e porta la data del 1581. Ad ognuna delle campane è stato assegnato un santo abbinato a una nota fino a S. Omobono e Imerio (protettori di Cremona) LA bemolle grave della campana centrale, quella più importante.
Presumibilmente a partire dal 1413 vengono costruite le volte delle navate laterali, quelle della navata centrale e quelle dei transetti. L'interno della cattedrale è a tre navate separate da due serie di massicci pilastri che sostengono le volte gotiche. Al di sopra delle navate laterali, si aprono i matronei, che guardano sulla navata principale attraverso ampie bifore. Le campate della navata maggiore sono coperte da volte a crociera, impostate nel secolo XIV al posto delle originarie volte romaniche. La navata maggiore termina in una grande abside semicircolare, e tra il 1506 ed il 1507 il Boccaccino lo affrescò con il Redentore tra i Santi Marcellino, Imerio, Omobono e Pietro esorcista, protettori della città, e con l'Annunciazione sull'arco trionfale. Anche le due navate laterali terminano in absidi semicircolari, di dimensioni più ristrette, entro le quali sono ricavate due cappelle: la cappella del SS. Sacramento, nella navata destra, e la cappella della Madonna del Popolo, nella navata sinistra. Il ciclo pittorico dell`Antico Testamento viene realizzato in questi anni proprio sulle volte dei transetti e la data di conclusione dei lavori è il 1430. La più rilevante opera artistica della Cattedrale si inaugura a partire dai primi anni del Cinquecento quando viene dato avvio all'impresa pittorica che interessa l'abside e le pareti della navata centrale. Il ciclo di affreschi inizia nel 1506 per mano di Boccaccio Boccaccino e continua con gli interventi di Bembo, Altobello Melone, Romanino, il Pordenone e Gatti, che chiude nel 1529. Il programma pittorico degli arconi delle campate della navata centrale prevedeva il ciclo delle Storie della Vergine per la parete sinistra, e delle Storie della Passione di Cristo per quella di destra. Spettò al Boccaccino intraprendere la decorazione dei primi affreschi con episodi della vita di Maria nei primi quattro arconi, completati tra il 1512 ed il 1516: apparizione dell'angelo a Gioachino, incontro di Gioachino e Anna, natività di Maria, sposalizio della vergine, annunciazione, visitazione, adorazione dei pastori e circoncisione. L'artista fu affiancato da altri pittori cremonesi a partire dal 1515, quando Bembo iniziò a dipingere l'Adorazione dei Magi e la Presentazione al Tempio, mentre Melone affrescava la Strage degli Innocenti e la Fuga in Egitto per poi affrescare sulla parete di destra altre due campate a partire dal presbiterio con episodi della Passione. Nel 1519 i due arconi successivi della parete destra furono affidati al bresciano G.di Romano, detto il Romanino, che vi rappresentò Cristo davanti a Caifa, la Flagellazione, l'Incoronazione di spine e l'Ecce homo.
G.Antonio de Sacchis, detto il Pordenone, reduce da un'esperienza romana, conclude la decorazione con un linguaggio considerato più avanzato e irruento, influenzato dalle opere di Raffaello e soprattutto di Michelangelo nella Cappella Sistina. Il nuovo modo di dipingere dell'artista appare, oltre che nella Deposizione affrescata sull'arcone, anche nella controfacciata, dove il Pordenone dipinse una drammatica "Crocifissione", dove inserisce anche dieci cavalli e un asino, e un "Compianto" con le pie donne, dipinto in uno spazio architettonico fittizio, con il corpo del Cristo deposto in scorcio. Il ciclo venne concluso nel 1529 da Bernardino Gatti detto il Soiaro, che dipinse la "Resurrezione" di Cristo nella zona inferiore sinistra della controfacciata. Le pareti absidali furono affidate alla inventiva dei cremonesi Bernardino e Antonio Campi. Recenti, rispetto al ciclo pittorico quattro-cinquecentesco, le decorazione Ottocentesche delle pareti del presbiterio con episodi evangelici legati alla Risurrezione realizzati da G. Diotti. Nella cappella del Sacramento, a destra dell'altare, si trova l'"Ultima Cena" del Campi (1568). Nella tela, si riconosce un personaggio dalle sembianze femminili, quello vicino a Gesù, che dovrebbe essere Giovanni, ma che somiglia alla Maddalena, identica alla Maddalena del "Il lavaggio dei piedi" e del "Noli me tangere".
All'interno la Cattedrale conserva diversi capolavori di scultura e di pittura, tra cui l'avello dei SS. Mario e Marta e dei loro figli Audiface e Abaco, originari della Persia e martirizzati a Roma, detta "Arca dei martiri persiani". Sotto il presbiterio si apre l'ampia cripta, scavata in epoca romanica ma rinnovata nel 1606 dopo il crollo della volta. La cripta è a tre navate, e conserva l'Arca dei santi Marcellino e Pietro, del 1506. L'arca fu scolpita all'inizio del XVI secolo, per la chiesa di san Tommaso a Cremona. In epoca barocca, all'inizio del Seicento, il sarcofago fu traslato in duomo nella sede attuale.
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In Cattedrale, fino al 1991, vi era anche una Grande Croce da altare che, dopo il restauro operato dal Gruppo Orafi e Orologiai di Cremona e dall'Opificio delle pietre dure di Firenze terminato nel 1994, è esposto nel Museo diocesano. Il crocifisso è in argento e rifinito in oro, fu fabbricato dal 1470 al 1478 dagli orafi cremonesi, "colli ori che tolsero i Cremonesi ai Milanesi nella vittoria del 1213 a Castelleone". La croce è composta dall'assemblaggio di oltre mille pezzi, con ben 165 statue tra piccole e grandi, insieme a 176 figure rappresentate a mezzobusto e un'infinità di piccole testine, con 50 busti di Santi. Il piedistallo, fatto nel '700, è elaborato architettonicamente ed è ornato da 16 statuette e altre 48 figure a mezzobusto; l'altezza totale è di cm.297; il braccio trasversale è lungo cm.78 e il piedistallo è alto cm.105. Esemplare unico nella oreficeria italiana del Quattrocento, per le dimensioni, la quantità e qualità delle figure modellate in argento e per lo straordinario impianto architettonico e decorativo.
Battistero, iniziato nel 1167 e completato nel XV secolo con il coronamento superiore e la loggia, riprende la tipica pianta ottagonale, richiamo simbolico al battesimo, e presenta un interno medievale con requisiti romanici; è dedicato a San Giovanni Battista, e l'interno presenta le pareti suddivise in tre settori sovrapposti da altrettante cornici ed archetti ciechi. Una successione di tre archi su colonne e capitelli in pietra caratterizza la parte inferiore, sormontata da due fasce con gallerie, aperte con tre bifore ciascuna, sopra le quali si imposta l'ampio catino della cupola. Quest'ultima, alta 16 metri, si conclude alla sommità con una lanterna ottagonale: una cuspide su cui si posa la statua in bronzo con aureola dell'Angelo S.Gabriele che regge una croce astile di rame dorato risalente al XII- XIII secolo, ora sostituita, all'esterno, da una copia. La luce filtra nel battistero per mezzo della doppia serie di bifore delle gallerie e dalla lucerna posta sulla sommità della cupola. Al centro troneggia il Fonte Battesimale (1520-1531): la grande cisterna ottagonale monolitica di marmo rosso proveniente, posta su una base di marmo. Non si tratta di un fonte battesimale vero e proprio, bensì di una vasca in cui veniva conservata l'acqua benedetta dal Vescovo durante la veglia pasquale per amministrare i battesimi durante tutto l'anno.
Sulla piazza si affacciano monumenti di epoca comunale, epoca in cui la città primeggiò competendo addirittura con Milano. Completano la piazza sulla quale sono ubicati la Cattedrale, il Battistero e il Torrazzo il Palazzo Comunale e la Loggia dei Militi. Il Palazzo Comunale fu costruito nel 1206 nella forma architettonica tipica del broletto lombardo e l'edificio, ampliato una prima volta nel 1245, venne interessato da modifiche a partire dal 1496 e per tutto il corso del XVI secolo; in particolare, fu modificata la facciata e le originali trifore duecentesche furono sostituite da grandi finestroni rettangolari e fu aggiunto un nuovo arengario in marmo addossato al pilastro centrale della loggia. La facciata venne nuovamente rimaneggiata nel 1838, aggiungendo alle grandi finestre le lesene e le decorazioni in cotto, una fascia in marmo bianco con mensoloni, tra il piano terra e il piano superiore e arcate cieche in cotto a tutto tondo incoronando le finestre, mentre tra l'edificio e il tetto vengono edificate merlature decorative, sempre in cotto, con terminazione a capanna. Lo spazio interno, che prevedeva un'unica sala per le riunioni del popolo del Comune, fu suddiviso in nuovi ambienti di minori dimensioni tra i quali la Sala del Consiglio dei Decurioni, oggi Sala della Consulta e una galleria d'accesso, oggi Salone dei quadri, sede del Consiglio Comunale. Tra le opere custodite nel Palazzo si segnalano il Portale della seconda metà del '500 nella sala dello scalone, le grandi tele del Genovesino, del Malosso e del Boccaccino provenienti da chiese cittadine demolite ed il calco in gesso della Porta Stanga nella sala del Consiglio. Percorrendo lo scalone d'accesso si arriva al Salone degli Alabardieri, all'interno del quale si intravedono ancora tracce di affreschi parietali raffiguranti un San Cristoforo, una Madonna con Bambino e Santi e una Crocifissione, della fine del Duecento, di stile ancora bizantino sia pure con accenni di modernità romanica.
La cappella, che per 52 anni fu nominata Sala dei Violini, dal 2013 non vede più quel patrimonio dei liutai cremonesi famoso nel Mondo. Gli strumenti della Collezione "Gli Archi di Palazzo Comunale" hanno lasciato la loro storica sede per essere collocati al Museo del Violino, nella sala denominata "Lo scrigno dei tesori". Si è compiuto così l'ultimo atto in vista dell'inaugurazione del nuovo complesso museale di piazza Marconi in programma il 14 settembre 2013. La delicata operazione è iniziata di prima mattina. Il conservatore, affiancato da personale del Settore Cultura e Musei, ha tolto, uno alla volta, ogni strumento dalla teca per riporlo nell'apposita custodia. Il primo ad essere trasferito è stato il violoncello di Antonio Stradivari ex Cristiani, 1700. A seguire, due alla volta, è toccato agli altri strumenti, tutti scortati dalle guardie giurate. Il trasferimento si è concluso poco dopo le 12,30. Tutti gli strumenti, insieme al patrimonio del Museo Stradivariano trasferito nelle scorse settimane, sono stati concessi in comodato gratuito alla Fondazione Museo del Violino Antonio Stradivari, e d'ora in poi si chiameranno Collezioni civiche liutarie. I 12 strumenti tracciano la storia di quella che è stata la più grande scuola liutaria di ogni tempo, nata e sviluppatasi in Cremona dalla prima metà del XVI secolo alla prima metà del XVIII secolo. Il più antico è il Carlo IX di Andrea Amati del 1566.
La Loggia dei Militi, edificata nel 1292, è uno dei più antichi edifici della città. Nella facciata è presente una lapide murata in cui, al centro, vi è il Gonfalone del Comune, accompagnato dai leoni che rappresentano le quattro porte della città di Cremona: Ariberta, Pertusia, San Lorenzo e Natali. Era il luogo di riunione di una società che esisteva già da molto tempo prima della costruzione di questo edificio e alla quale appartenevano i più ricchi ed eminenti abitanti della città e del suo territorio. Oltre che alle riunioni sociali, l'edificio serviva alla custodia di bandiere, statuti e altri oggetti sociali. La Loggia dei Militi è costituita da due ambienti rettangolari sovrapposti, molto simili esteriormente alla facciata del Comune, pur mantenendo le antiche trifore. Sotto il portico viene conservato l'emblema di Cremona, una composizione scultorea costituita da due Ercoli che reggono in mezzo tra loro lo stemma cittadino (Ercole, secondo la leggenda, fu il fondatore di Cremona). L'emblema di Cremona non si trovava però qui in origine, ma vi fu trasferito dalla porta Margherita, demolita nel 1910 ed ivi collocato nel 1964.