Ronda

Foto di Livio G. Rossetti e Anna Bojeri

Malaga, Siviglia, Cordova, Granada, Nerja, Gibilterra.

Si parte da Malaga in direzione Ovest, attraversando paesaggi collinari sfruttati per l'agricoltura cerealicola o per la coltivazione di ulivi e agrumi, con pochi "villaggi bianchi" nascosti nella natura.


























Poi si giunge a Ronda, divisa in due da uno strapiombo di 160 metri, con pareti rocciose alte, levigate dal torrente Guadalevìn. Imponente il Puente Nuevo costruito nel 1784-88 e che unisce Ronda vecchia e quella nuova. Altri due ponti scavalcano quello che oggi sembra un rigagnolo insignificante, uno di costruzione romana (Puente de San Miguel) e uno di origine araba (puente Viejo) ma ricostruito.
Le origini di Ronda risalgono ai celti, che nel VI secolo a.C. la chiamarono Arunda. Poi vennero i fenici e i greci che la chiamarono Runda. Nel 711 ci fu l'invasione dei mori e, nel 713, Ronda apre le porte, senza combattere, al capo berbero Zaide Ben Kesadi El Sebseki. Ronda cambia nome in Izn-Rand Onda (la cittĂ  del castello). Con la dissoluzione del califfato di Cordova, Ronda si trasforma in un regno indipendente, retto da Abu Nur Hilal Ben Abi Qurra. Durante questo periodo viene edificata la maggior parte delle grandi costruzioni arabe.
Il periodo arabo termina il 22 maggio 1485; re Ferdinando il Cattolico riesce a prenderla dopo un prolungato assedio e molti monumenti eretti dai mori sono adeguati alla nuova cultura cristiana, mentre il vecchio nucleo arabo prese a chiamarsi La Ciudad con strade strette e tortuose.

















































































Poco rimane del periodo arabo se non un minareto trasformato in campanile e alcune porte di mirab inserite nelle chiese cristiane come in Santa Maria la Major. Lasciata Ronda si va nelle cantine, tra le maggiormente famose dell'Andalusia, Jerez de la Frontera.































In serata si giunge a Siviglia.