La città di Padova e i suoi tesori

Foto di Livio G. Rossetti
23 marzo 2019

Sabato mattina alle 6.00 il bus mi raccoglie a Novara est per una breve visita alla città di Padova.

Padova è un comune di 200 mila abitanti, è il terzo comune della regione dopo Venezia e Verona e il più densamente popolato con un'area metropolitana di oltre 400 mila abitanti. Secondo l'Eneide, la città fu fondata da Antenore, principe troiano scampato alla distruzione di Troia, nell'anno 1185 o 1132 a.C., una leggenda che ha origine da un falso storico, opera di Tito Livio, che volle assimilare la propria città a Roma. Anche se la fondazione può essere leggendaria, i ritrovamenti archeologici hanno confermato l'antica origine della città, tra il XIII e XI secolo a.C. L'etimologia del toponimo è incerta, ma è evidente l'assonanza con l'antico nome del Po (Padus).

La città è stata una delle capitali culturali del Trecento: le testimonianze pittoriche del XIV secolo e tra tutte il ciclo di Giotto alla Cappella degli Scrovegni, la rendono un importante nodo negli sviluppi dell'arte occidentale. A Padova, tra il XIV secolo e il XV secolo, si sviluppò una corrente culturale che portò al Rinascimento padovano e influenzò lo sviluppo artistico dell'intera Italia settentrionale del Quattrocento. Dal 1222 è anche sede di una prestigiosa università che si colloca tra le più antiche del mondo dove insegnò anche Galileo Galilei.
Padova è conosciuta anche come la città del Santo, appellativo con cui viene chiamato a Padova sant'Antonio, il famoso francescano nato a Lisbona nel 1195, che visse in città per alcuni anni e vi morì il 13 giugno 1231. I resti del Santo sono conservati nella Basilica di Sant'Antonio, uno dei monumenti principali cittadini. Da Padova deriva la celebre forma di danza "pavana".
Nel 1524, a Padova fu costruito uno spazio dedicato alle rappresentazioni teatrali, la Loggia Cornaro e nel 1545 si costituì con atto notarile una compagnia di comici teatranti, la prima testimonianza al mondo di una società di commedianti professionisti. La bisbetica domata, commedia di William Shakespeare, è ambientata a Padova.

La città è nata e si è sviluppata all'interno dei bacini idrografici dei fiumi Brenta e Bacchiglione, che hanno fortemente condizionato il tessuto urbano e presentano scorci suggestivi in molti angoli della città. In passato, tali corsi d'acqua erano fondamentali per l'economia cittadina, in particolar modo per la presenza di numerosi mulini e per la loro funzione commerciale, secondariamente per congiungere tramite barche la città con la vicina Venezia. Inoltre, i canali hanno rappresentato a lungo un valido complemento delle opere di fortificazione della città. L'attuale complesso sistema di collegamenti e chiuse tra i canali cittadini è in grado di gestire e far defluire onde di piena anche significative, senza gravi pericoli per la città.
I corsi d'acqua cittadini principali sono il Brenta e il Bacchiglione che nasce da risorgive in provincia di Vicenza. Sono presenti anche alcuni canali artificiali tra cui il Canale Piovego che prosegue verso il Brenta e Venezia, delimitando a nord le mura cinquecentesche.

Giunti in città presso il Prato della Valle, ci siamo diretti al "Santo", la basilica dedicata a Sant Antonio.

La Pontificia Basilica Minore di Sant'Antonio di Padova è conosciuta dai padovani semplicemente come il Santo, è una delle più grandi chiese del mondo ed è visitata annualmente da oltre 6 milioni di pellegrini, che ne fanno uno dei santuari più venerati del mondo cristiano. In essa sono custodite le reliquie di sant'Antonio di Padova e la sua tomba.
La piazza del Santo ospita il monumento equestre al Gattamelata di Donatello.

Nel Medioevo questa era una zona periferica della città di Padova ove sorgeva la piccola chiesa di Santa Maria Mater Domini che era stata affidata ai frati minoriti. Qui aveva soggiornato sant'Antonio per poco più di un anno tra il 1229 ed il 1231; accanto era stato fondato il convento dei francescani, forse proprio da sant'Antonio nel 1229. Quando Antonio morì il 13 giugno 1231 presso l’Arcella la sua salma venne composta in questa piccola chiesa e vi fu sepolto. Ben presto furono registrati molti fenomeni miracolosi sulla sua tomba e le varie componenti della cittadinanza di Padova chiesero di innalzare Antonio all'onore degli altari. Il processo canonico si svolse in tempi molto brevi: nella cattedrale di Spoleto il 30 maggio 1232 il papa Gregorio IX lo nominò santo. Ad un anno dalla morte del santo si decise di erigere una nuova chiesa; l'antica chiesetta formò il nucleo da cui partì la costruzione della basilica e tuttora è inglobata come cappella della Madonna Mora.

La costruzione della basilica si protrasse fino al 1310. Modifiche all'assetto della basilica si prolungano fino al XV secolo, con un forte impulso dopo l'incendio e conseguente crollo di un campanile nel 1394. I lavori del XV secolo sono caratterizzati da una armonizzazione di diversi stili: la facciata a capanna romanica; i contrafforti che si sviluppano fino a diventare archi rampanti in stile gotico che scandiscono con regolarità lo spazio; le cupole in stile bizantino; i due campanili gemelli che richiamano quasi dei minareti. Gotica è pure la struttura dell'abside con cappelle radiali. Il complesso delle cupole rievoca la Basilica di San Marco a Venezia. Il chiostro del Capitolo ospita interessanti tombe di docenti dell'Università di Padova.
La basilica del Santo è lunga 115 metri, nella crociera è larga 55 metri e l'altezza massima dell'interno è 38,50 metri (a differenza della facciata che è alta 28 metri circa). La Cappella delle Reliquie o del Tesoro, contiene il tesoro della basilica composto da numerose reliquie, tra cui la reliquia del mento di sant'Antonio, e la reliquia della lingua incorrotta del Santo. Sono presenti inoltre numerose preziose suppellettili liturgiche. In apposite teche di vetro sono esposti i resti della ricognizione del corpo del santo effettuata nel gennaio 1981. Nella Cappella dell'Arca, l'altare sorge su una piattaforma posta su sette gradini ed è coronato da tre statue: quella di Sant'Antonio al centro, affiancata da quella di San Bonaventura e di San Ludovico di Tolosa, che furono vescovi francescani.

Dalla piazza del Santo, attraverso Via del Santo, giungiamo al centro città. Il primo monumento che incontriamo è la cosiddetta tomba di Antenore, un'edicola medievale che secondo la leggenda dovrebbe contenere le spoglie del mitico fondatore di Padova. Nel 1274, durante la costruzione di un ospizio per trovatelli fu rinvenuta un'arca funeraria con due bare contenenti dei resti umani con una spada e due vasi di monete d'oro. Il giudice Lovati chiamato a dare la sua opinione sull'identità del guerriero, attribuì i resti al principe troiano Antenore. I notabili della città, alla ricerca di una legittimazione mitologica che avrebbe giovato allo sviluppo cittadino, decisero di avallare la tesi. Nel 1283 fu decisa la costruzione di un monumento per contenere l'arca. La tomba di Antenor nel 1942 venne affiancata dalla tomba del Lovati. Nel 1985 l'arca è stata aperta e i resti ritrovati sono stati sottoposti ad analisi scientifiche che ne hanno dimostrato l'appartenenza a un guerriero ungaro, morto durante le invasioni del IX secolo.

Poco distante si trova il Caffè Pedrocchi, caffè storico di fama internazionale. Aperto giorno e notte fino al 1916 e perciò noto anche come il "Caffè senza porte", per oltre un secolo è stato un prestigioso punto d'incontro frequentato da intellettuali, studenti, accademici e uomini politici. L'8 febbraio 1848, il ferimento di uno studente universitario all'interno del locale diede il via ai moti risorgimentali italiani. Tra Settecento e Ottocento il consumo del caffè si è diffuso anche in Italia e si è andata così affermando la tradizione del caffè come circolo borghese e come punto d'incontro aperto. In questo contesto, nel 1772 il bergamasco Francesco Pedrocchi aprì una fortunata "bottega del caffè" in un punto strategico di Padova, a poca distanza dall'Università, dal Municipio, dai mercati, dal teatro e dalla piazza dei Noli da cui partivano diligenze per le città vicine, e dall'Ufficio delle Poste. Il 16 agosto 1826 il figlio Antonio Pedrocchi presentò alle autorità comunali il progetto per la costruzione di uno stabilimento, comprendente locali destinati alla torrefazione, alla preparazione del caffè, alla "conserva del ghiaccio" e alla mescita delle bevande. Fu così progettato un edificio eclettico che trovò la sua unità nell'impianto di stile neoclassico che diverrà uno degli edifici-simbolo della città di Padova. Il piano terreno fu ultimato nel 1831, mentre nel 1839 venne realizzato il corpo aggiunto in stile neogotico denominato "Pedrocchino", destinato ad accogliere la pasticceria. Antonio Pedrocchi si spense il 22 gennaio 1852. Animato dalla volontà di lasciare la gestione del suo caffè a una persona di fiducia, aveva adottato Domenico Cappellato, il figlio di un suo garzone, che alla morte del padre putativo si impegnò nel dare continuità all'impresa ricevuta in eredità. Alla morte di Cappellato, avvenuta nel 1891, il caffè passò al Comune di Padova. In un testamento stilato alcuni mesi prima, Cappellato lasciava infatti lo stabilimento ai suoi concittadini.

A breve distanza si trova un altro importante monumento e simbolo di Padova, il palazzo della Ragione detto anche Salone, l'antica sede dei tribunali cittadini e degli uffici finanziari di Padova, ruolo che ebbe non solo in età comunale, ma anche durante la signoria Carrarese e tutta la dominazione Veneziana, fino al 1797. Fu eretto a partire dal 1218 e sopraelevato nel 1306 da Giovanni degli Eremitani che gli diede la caratteristica copertura a forma di carena di nave rovesciata. Il piano superiore è occupato dalla più grande sala pensile del mondo, detto "Salone" (misura 81 metri per 27 ed ha un'altezza di 27 metri). Fa parte del Palazzo Comunale di Padova.
Il Salone divide le due grandi piazze delle Erbe e della Frutta, sedi dei mercati padovani. Sotto il Salone, lungo due gallerie parallele, trovano posto numerose e caratteristiche botteghe di generi alimentari. Come ideale congiunzione alla sua primitiva funzione è fisicamente collegato ad oriente all'attuale sede municipale. Il 17 agosto 1756 un furioso turbine sconvolse il grande edificio distruggendone il tetto e scoperchiandolo. Bartolomeo Ferracina, orologiaio e ingegnere della Serenissima, provvide alla riedificazione dell'imponente struttura. Trasferiti i tribunali nel 1797, il Salone fu aperto per grandi riunioni popolari, ricorrenze e feste.
Il Palazzo della Ragione può apparire rettangolare. In realtà la pianta è decisamente irregolare e i 4 angoli sono diversi fra loro.

Gli affreschi originali, attribuiti a Giotto, andarono distrutti nell'incendio del 1420. Il Salone è affrescato da un grandioso ciclo di affreschi a soggetto astrologico, completati tra il 1425 e il 1440 e basati sugli studi di Pietro d'Abano, seguace di Averroè. La decorazione pittorica, dovuta a Niccolò Miretto e Stefano da Ferrara, si svolge nelle "tre fasce superiori" delle quattro pareti su oltre 200 metri lineari. Il tema astrologico è diviso in dodici comparti corrispondenti ai mesi, articolati ciascuno in tre fasce di nove ripiani. Ogni comparto comprende le raffigurazioni di un apostolo, dell'allegoria del mese, del segno zodiacale, del pianeta, delle occupazioni tipiche, dei mestieri, delle costellazioni: tutto intorno sono rappresentate le attività e i caratteri individuali delle persone definiti dalle influenze astrali, a loro volta legate alla data di nascita e all'ascendente. Nella "fascia inferiore" sono raffigurate le insegne dei giudici (dischi), simboleggiate da animali, a cui si aggiungono le virtù cardinali e le virtù teologali, i Santi protettori di Padova, come santa Giustina e Antonio di Padova, e i dottori della Chiesa. Dal 2000 gli affreschi del Palazzo sono stati al centro di un progetto di restauro, realizzato anche grazie ai fondi del Gioco del Lotto.
Nella sala è conservato un gigantesco cavallo ligneo, copia rinascimentale di quello del monumento al Gattamelata di Donatello. Recentemente un angolo del Salone è stato adibito ad ospitare un pendolo di Foucault, a sottolineare l'inscindibile connessione tra Padova e la scienza. Nel Salone è conservata la pietra del Vituperio, su cui i debitori insolventi erano obbligati a battere per tre volte le natiche dopo essersi spogliati (la pratica è all'origine dell'espressione restar in braghe de tea).



Piazza dei Signori è una delle piazze che caratterizzano il centro storico della città. Fu per secoli teatro di celebrazioni civiche, di tornei e spazio di rappresentanza della città rispetto alle più grandi piazze delle Erbe e della Frutta che ebbero maggiori propensioni commerciali. La piazza è dominata dalla celebre Torre dell'Orologio, un edificio di origine medievale che si erge tra il Palazzo del Capitanio e il Palazzo dei Camerlenghi. La torre sorse nella prima metà del XIV secolo come porta orientale della Reggia Carrarese. Nel 1428 venne sopraelevata ed adornata in stile gotico e dotata del celebre orologio astronomico. Nel 1531 venne aggiunto il grande arco trionfale alla base. La costruzione risale alla prima metà del Trecento, quando fungeva da ingresso fortificato di levante della Reggia ma il suo aspetto attuale si deve ai lavori promossi a partire dal 1426 conclusi con l'inaugurazione dell'orologio nella festa di Sant'Antonio del 1437.
L'arco di trionfo fu addossato alla torre con lo scopo di monumentalizzare la piazza e l'accesso alla Corte del Capitanio. L'orologio astronomico che domina la piazza è la più antica macchina del suo genere che si conservi al mondo. Di questo antico strumento trecentesco si conservano originali i segni dello Zodiaco, riutilizzati per la costruzione dell'attuale, conclusasi nel 1436. Tra i segni dello Zodiaco posti sul monumentale quadrante manca il segno della Bilancia. Tale mancanza deriva dal fatto che i segni rappresentati si rifanno al sistema zodiacale pre-romano nel quale le costellazioni dello Scorpione e della Bilancia erano unite in una sola. Al momento della sua costruzione l'orologio conteneva anche la rappresentazione della bilancia che fu eliminata durante un intervento di modifica operato tra il 1787 e il 1792 . L'orologio è ritornato a funzionare nel giugno del 2010 dopo un attento lavoro di restauro che ha interessato sia la struttura architettonica della torre che i meccanismi dell'orologio vero e proprio.

"Il Bo", comunemente "Palazzo del Bo" è la storica sede dell'Università degli Studi di Padova dal 1493. Tuttora è sede del Rettorato e della Scuola di Giurisprudenza. È inoltre la sede del Teatro Anatomico più antico del mondo. L'Università degli Studi di Padova fu fondata da un esodo di docenti e studenti provenienti dallo Studio di Bologna nel 1222. Quando l'Università si stabilì nell'attuale sede del Bo era passato molto tempo dalla sua fondazione e tutte le sue strutture erano profondamente mutate da quelle iniziali. Era resa illustre dal valore dei propri scolari e dei suoi insegnanti, inoltre poteva considerarsi una delle maggiori università europee e la più frequentata da studenti stranieri. Nell'area che oggi corrisponde alla parte più antica e monumentale del Bo sorgevano tre case di proprietà di un macellaio che si ritiene costituiscano il nucleo più antico del Palazzo che si fa risalire al 1493. Il macellaio vi aveva aperto una locanda (Hospitium Bovis) che aveva come insegna un bucranio, ancora oggi simbolo dell'Università di Padova. L'appellativo "Bo" deriva proprio dal nome della locanda facente parte del suo nucleo più antico. L'Università nel 1493 acquistò l'hospitium bovis, e nel 1501 si avrà la sua inaugurazione solenne. Il corpo attorno al quale il Palazzo si sviluppa è il celebre Cortile Antico, un loggiato a doppio ordine di colonne che si sviluppa su due piani. Sopra l'entrata dell'ingresso al "Cortile Antico", si legge oggi l'incisione "GYMNASIUM OMNIUM DISCIPLINARUM". Sulla struttura del doppio loggiato si aprivano le aule nelle quali si impartivano le lezioni.

Navigazione tra i canali di Padova e Cappella degli Scrovegni