Abbazie, santuari e oratori campestri novaresi

Abbazia di San Nazzaro, Santuario della Madonna della Fontana, Oratorio campestre della Madonna del Latte di Gionzana

Foto di Livio G. Rossetti e Anna Maria Bojeri, 15 agosto 2016

Abbazia benedettina dei Santi Nazario e Celso

L'abbazia dei Santi Nazario e Celso di San Nazzaro Sesia rappresenta uno dei complessi monastici più importanti esistenti in Piemonte, formato da una cinta muraria con torrette angolari circolari, un alto campanile romanico, una chiesa in stile gotico lombardo ed un chiostro con un ciclo quattrocentesco di affreschi dedicati alle storie di San Benedetto. L'abbazia fu fondata nel 1040, vicino ad un guado sul fiume Sesia e delle importanti strade, Via Bianchina e Via Regia, dirette verso le Gallie, per opera del vescovo di Novara Riprando e dei suoi fratelli Adalberto e Guido conti di Pombia, poi di Biandrate, insieme al nipote Ottone. L'amministrazione dell'abbazia fu affidata dal vescovo Riprando ai monaci benedettini.
Il monastero venne fortificato nel XIII secolo con lo scavo di un fossato e l'erezione di mura tutt'intorno, con camminamenti e torri angolari rotonde come difesa dalle lotte tra Milano, Novara e Vercelli che coinvolsero l'abbazia in saccheggi e furti. Questo complesso funzionava da ricetto per la popolazione nel caso di incursioni. Tutto questo durò fino alla tregua del 1492 quando, con bolla pontificia, venne nominato abate Antonio Barbavara, membro di un'importante famiglia nobiliare lombarda. Egli resse le sorti dell'abbazia sino al 1466, promuovendo importanti lavori di ristrutturazione ed ampliamento del complesso monastico. Poche strutture architettoniche dell'antica abbazia rimasero inalterate: vennero ricostruiti, in stile gotico lombardo, la chiesa ed il chiostro.

La parte più antica dell'abbazia è il campanile romanico, costruito tra il 1055 ed il 1075, in forma di massiccia torre a pianta quadrata ed è una ex torre difensiva utilizzata prima per la difesa dai nemici, poi come scala di elevazione verso Dio. È massiccio e alto quasi trentacinque metri ed è diviso in sette ripiani, sette livelli per raggiungere il cielo, il paradiso e Dio. I muri sono costituiti da ciottoli di fiume posti a spina di pesce, intervallati da mattoni orizzontali; più in alto, per diminuire la pesantezza della struttura, il ruolo delle pietre e dei mattoni s'inverte. Parte del materiale fu ottenuto dal recupero di edifici diroccati: le grosse pietre angolari, alla base della torre, derivano da antiche costruzioni romane.

La chiesa, costruita nel XV secolo, presenta strutture murarie fatte di mattoni a vista e con le eleganti decorazioni in cotto. Dell'antica costruzione romanica rimangono le due ali porticate: si tratta dei resti del nartece. La facciata ha la forma a capanna ed è resa elegante dagli archetti pensili in cotto posti sotto lo spiovente del tetto, dal portale incorniciato da decorazioni in cotto e dal rosone con l'occhio di facciata racchiuso da una serie di decorazioni circolari.

Il chiostro, costruito nel '300 e fatto ristrutturare dal Barbavara, è formato da un porticato di forma quadrata con arcate e volte a crociera. Tre lati sono uguali tra loro; il quarto lato è addossato alla chiesa. Sotto le arcate del piano terra si può osservare un vasto ciclo di affreschi eseguito nella seconda metà del '400 e dedicato alla Vita di San Benedetto. Gli affreschi sono ormai molto deteriorati: quelli relativamente meglio conservati stanno sul lato a ridosso della chiesa, nelle lunette della volta. Un recente restauro ha riportato le pitture a sufficiente leggibilità, consentendo d'apprezzarne il valore iconografico ed artistico. Le scene seguono la narrazione della vita di San Beneddetto descritta da Gregorio Magno. Sono narrate con la sobrietà del miniatore, in stile tipicamente gotico.


Per entrare nella chiesa si attraversa un portale di legno con al centro una testa di leone longobarda.
L'interno è interamente in cotto con i pilastri polistili, gli archi a sesto acuto, le volte a crociera con la sobrietà delle decorazioni, il tutto in stile gotico lombardo. L'aula rettangolare presenta una grande navata centrale e due navatelle laterali: è composta da tre campate centrali quadrate cui corrispondono altrettante campate rettangolari nelle navate laterali. La tipologia della chiesa rientra nella tradizione del gotico in terra novarese ed in Lomellina.

Un grande affresco, a forma di trittico datato 1464, è posto alla fine della navata destra, all'inizio del presbiterio: esso raffigura la Madonna in trono con Bambino e angeli musicanti fra i santi Sebastiano e Agata. La Madonna in trono mostra come l'autore sia aggiornato sull'arte rinascimentale e sullo studio della prospettiva.
Sulla parete laterale della navata destra trova posto un altro affresco datato 1480. Al centro è raffigurata l'immagine di San Nazario a cavallo in dimensioni maggiori rispetto alle altre figure del dipinto; sulla sinistra stanno San Celso e una donna sconosciuta; sulla destra, Santa Caterina d'Alessandria e San Rocco. San Nazario e San Celso vengono rappresentati come santi guerrieri, sempre in coppia, perché Celso accompagnava sempre Nazario anche perchè fu battezzato da quest'ultimo all'età di 9 anni. Sono cavalieri: l'uno è a cavallo e ha in mano una ferula, ovvero un’asta con la croce; l'altro, Celso, porta la spada; sono segni del loro valore nelle imprese guerriere-missionarie e nel martirio.

Uscendo da San Nazzaro e svoltando a destra, in direzione di Villata, si giunge in breve tempo ad un viale alberato al termine del quale si trova un piccolo santuario ma molto frequentato dagli abitanti della zona: la Madonna della fontana.

Santuario della Madonna della Fontana

Il piccolo santuario sperduto tra le risaie è da secoli un faro per tutte le genti del corso medio della Sesia, di qua e di là dal fiume. Sotto il suo altare sgorga una fonte d’acqua purissima, che viene poi incanalata all’esterno; la chiesa è costruita su un fontanile, e gli anziani del paese dicono che questa è l’unica sorgente della zona che mantiene viva la sua forza cristallina anche nei peggiori periodi di siccità. L’origine del santuario è un fatto reale o una leggenda?.

La tradizione popolare narra che un giorno un venditore di quadri, stanco dalla fatica e dal gran caldo, si fermò all’ombra di un rovere per riposarsi e dissetarsi ad una vicina fonte. Si assopì e al suo risveglio si accorse che una immagine della Madonna con il Bambino non c’era più. Dopo ricerche tra la sua merce, alzando gli occhi vide l’immagine sopra il rovere: a nulla valsero i tentativi di recupero del quadro perchè un angelo glielo impediva dicendogli di non toccare più quel quadro perchè la Madonna intendeva rimanere in quel luogo. Alcuni ragazzi furono i testimoni dell’accaduto ma a raccontare tutta la vicenda ai familiari fu una bambina muta dalla nascita, che da quel giorno iniziò a parlare. Nei giorni seguenti venne in zona il Vescovo di Vercelli che recuperò il quadro, quello che ancora oggi tutti venerano e che è posto su quell'altare sotto cui sgorga la fonte.

Alla devozione della Madonna fu testimoniata durante la visita pastorale del 1591 allorchè nella relazione scisse che il quadretto era attaccato ad un rovere ed era meta della devozione popolare, pertanto ordinò fi costruire una cappella. La presenza di un fontanile in quel luogo e la simbologia biblica dell'acqua suggerirono il nome del santuario. In questo ambito la sacralitì battesimale cristiana nobilita con verità di fede i miti animistico-magici che conferiscono valore "lustrale" alle fonti naturali. Ne è prova il fatto che dal '600 la Madonna della Fontana è luogo di devozione, di culto e di pellegrinaggio interessante un ampio e ricco comprensorio agricolo. La piccola chiesa è da sempre meta di pellegrinaggi provenienti dai paesi vicini, che nel giorno della festa, 8 settembre, si danno appuntamento per l’ultima delle grandi solennità prima della fatica del raccolto.

Oratorio campestre della Madonna del Latte di Gionzana

L'oratorio della Madonna del Latte sorge tra le risaie nei pressi dell'abitato di Gionzana, frazione di Novara. L'interesse artistico è legato agli affreschi del XV secolo realizzati da alcune delle principali botteghe operati in area novarese. L'edificio ha recentemente subito una profonda opera di restauro sia esterno che interno ed è stato inaugurato il 4 settembre 2011.
L'oratorio fu edificato nel XIV secolo sulle terre dei nobili Tettoni, cittadini di Novara e feudatari, oltre che di Gionzana, di molte altre campagne del Novarese. Sempre per iniziativa di tale famiglia, la chiesetta, che doveva funzionare come luogo di preghiera per i contadini del feudo, fu ampliata ed affrescata nel 1487-88: l'intervento è testimoniato dallo stemma araldico della famiglia, con aquila imperiale e bande orizzontali, dipinto nel semicilindro dell'abside.

Le immagini dipinte sulle pareti dell'oratorio, la cui denominazione originaria era "Santa Maria della Scaglia", sono diventate oggetto di profonda devozione popolare. Il vescovo Carlo Bascapè, in una visita del 1596, testimonia come l'immagine della Madonna Addolorata fosse oggetto di particolare venerazione e come molti ex voto fossero appesi alle travi della chiesa. Si può comprendere il motivo per cui l'oratorio prende il nome dalla "Madonna del Latte" dal resoconto di un'altra visita pastorale, quella del vescovo Ferdinando Taverna nel 1618, nella quale si fa menzione della devozione popolare verso un'altra immagine affrescata, raffigurante appunto la Madonna in atto di allattare il Bambino. La venerata icona ha subito nel tempo una serie di traversie: ai primi del Novecento fu staccata dalla parete meridionale e riportata su un telaio per essere posta sopra l'altare; nel 1967 essa fu ricollocata nella posizione originaria; ma fu in seguito rubata e non più ricuperata. Al suo posto è oggi visibile una sua riproduzione fotografica.

Gli affreschi, che testimoniano la diffusione capillare che ebbe nel Quattrocento l'uso di decorare le chiese con immagini destinate ad educare la devozione dei fedeli, documentano il ruolo che in tali campagne decorative ebbero le botteghe attive in area novarese ed il loro linguaggi pittorico fatto di vivacità cromatica e di rustica espressività delle figure. Le botteghe che si trovarono qui a collaborare nella realizzazione dell'apparato decorativo sono quelle di Daniele De Bosis e di Tommaso Cagnola.

Gli affreschi dell'abside sono attribuiti a Daniele de Bosis e risalgono ad anni prossimi al 1487-88, quando i nobili Tettoni decisero di abbellire l'oratorio. Lo stemma araldico insieme alle immagini di due esponenti della famiglia, un gentiluomo e di una giovane nobildonna inginocchiati di fronte al trono della Madonna, ne testimoniano il ruolo di committenti. Nel catino absidale vi è la figura del Cristo giudice che tiene nella mano destra una fiaccola capovolta, simbolo di condanna, mentre la sinistra mostra la piaga dei chiodi della croce, segno di misericordia. Cristo giudice, raffigurato all'interno di una mandorla di luce, è circondato da due coppie di angeli con i simboli della Passione; a sinistra dalla Vergine Maria, a destra da Sant'Antonio abate.
Nel semicilindro dell'abside troviamo due differenti scene: a sinistra quella della Crocifissione e, nello spazio rimanente, la Vergine in Trono, posta al centro dell'abside circondata da figure di santi e dalla coppia di committenti introdotti alla Vergine da santa Chiara e da san Francesco.

Gli affreschi sulle pareti laterali sono stati attribuiti a Tommaso Cagnola ed alla sua bottega. Il linguaggio pittorico è quello del gotico internazionale. Nella parete sinistra si notano San Sebastiano, San Giovanni Battista e la Vergine in trono; un trittico con San Bovo, protettore degli animali domestici, la Vergine in trono e Sant'Antonio tentato dai diavoli; la Crocifissione con la Vergine Maria e San Giovanni evangelista; San Giovanni decollato; il martirio della Beata Panacea; la Madonna Addolorata trafitta da sette spade; Sant'Antonio abate con il fuoco in una mano. Nella parete destra è raffigurato Sant'Antonio abate con un piccolo maiale a fianco; sopra la porta della sacrestia una Madonna dell'Umiltà; San Nicola da Tolentino; la copia fotografica della rubata Madonna del Latte; San Giuseppe che si volge verso la Madonna col Bambino; San Giorgio a cavallo; San Sebastiano; Madonna col Bambino, detta "Madonna delle febbri". Nella controfacciata è raffigurata l'Annunciazione.