RACCONTO (in)FEDELE DELLA NASCITA DI GESÚ

di Livio G. Rossetti

Era una bellissima notte stellata e gli angeli,in cielo, indicavano a Giuseppe e Maria la strada per raggiungere Betlemme





Purtroppo il loro "navigatore", che aveva sempre dato problemi (e i maligni dicevano che era stato taroccato a Cipango), li dirottò fuori pista e li costrinse ad un lungo viaggio. Scambiarono un fiume per il Giordano, poi si diressero verso un altro fiume, poi ancora a nord verso un torrente e si ritrovarono nei pressi di una roggia, al mattino presto, quando era ancora buio.

Bussarono al portone di una cascina e, alla donna, una certa Marietta, che si affacciò alla finestra, domandarono: "Ma qui, dove siamo? Questo villaggio è Betlemme?"
La Marietta, pensò che fossero i soliti burloni che erano in vena di scherzi, a quell'ora poi! Accese la luce, guardò meglio e si accorse che avevano la pelle un po' scurina; dovevano essere stranieri e, forse, un po' extracomunitari, ma quando vide la donna sull'asinello, abbastanza stanca e per di più incinta, rispose: "Brava gente, avete sbagliato tangenziale, qui siete a Vèvar, non a Betlemme, ma a quest'ora l'osteria è ancora chiusa. Entrate in cortile, lì, a destra, c'è la stalla e potete riposare in pace. Prima però vi porto un po' di latte e del pane per colazione; quando starete meglio cercherete questa Betlemme con più calma. Comunque da queste parti non c'è nessun paese con quel nome!".





Giovanna, la pastorella, Marcolino e Sergino, i pastori, nel loro campo, poco distante, vegliavano sui loro animali: siamo a Vèvar e quindi vegliavano sui cinin, cioè i maialini.


Intanto la Marietta, mentre cuciva, seduta davanti alla finestra, ripensando a quel nome, Betlemme, si disse di averlo già sentito nominare, qualche volta d'inverno, verso la fine dell'anno quando nevicava, da don Franco, ma anche il povero don Pietro e don Giovanni ne avevano parlato, e quindi decise di andare in canonica e chiedere dove si poteva trovare quel paese.
Ma anche quei due, uno vestito un po' strano, l'altra, una bella ragazza giovane, molto più giovane di lui, e per di più incinta, in groppa ad un asino (da noi è un pezzo che non si usano più), giurava di averli già visti su qualche foto, o in TV, o forse in chiesa. Chi potevano essere? Don Franco ascoltò con attenzione il racconto della Marietta, ma pensò anche che fosse abbastanza strano, irreale, poco credibile, eppure la Marietta era sincera, non poteva inventarsi una cosa così. Poi disse: "Ma hanno detto come si chiamano?". La Marietta ci pensò un po', poi: "Non sono sicura, ma lei chiamava lui Peppino, o un nome simile, e lui continuava a chiedere-Hai bisogno di qualcosa, Mariuccia cara?".
"Adesso vengo io a vedere; faccio qualche commissione e poi vengo. State tranquilla, Marietta, ma teneteli lì fin quando non arrivo", disse don Franco, già pallido in volto.

Quando la Marietta tornò a casa, presso la stalla si era riunita molta gente. "I solit curiùss - pensò - non si può tenere un segreto che tutto il paese lo viene a sapere". Poi disse con tono fermo come di chi è abituata a dare un ordine: "Andate a casa, cercate qualche vestito e tutto ciò che può essere utile, quella povera ragazza è incinta, e anche abbastanza avanti, forse deve partorire. Chiamate un'infermiera e anche un dottore. Forse il Renzo è ancora a casa, andate a chiamarlo. Almeno lui sa cosa fare. Non state con le mani in mano. Forza, gente, datevi da fare".

Consapevoli che stava per accadere un fatto inconsueto tutti si dettero da fare. Da una casa vicina fu portato un vecchio letto, di quelli d'una volta e non più usato da tempo; due nonne presero dalle cassepanche parte del loro corredo, mai usato prima, due cuscini, diverse lenzuala, asciugamani con le proprie cifre ricamate, le fasce di lino e cotone (oggetti sconosciuti ai molti, abituati ormai ai pannolini) e altre cose che potevano all'occorrenza servire.
Il gruppo folcloristico indossò i costumi della recita dell'anno passato e si presentarono davanti al porticato dove era stato messo il letto: "Noi faremo il servizio d'ordine!", dissero in coro.





Verso sera, con gli ultimi raggi che illuminavano il "Rosa", attorno alla stalla si erano radunati in molti, c'erano i bambini dell'Asilo, quelli dell'Oratorio e tre cinin che passavano per caso di là, mentre la Marietta, orgogliosa per ciò che stava capitando a casa sua, lavorava alacremente all'uncinetto per preparare una cuffietta per il nascituro. Finalmente arrivò anche don Franco, stupito di trovare così tanta gente. Chiese di vedere ciò che stava avvenendo sotto il portico, osservò con attenzione la giovane donna adagiata sul letto improvvisato, il suo viso splendente, poi dette uno sguardo all'uomo e notò le mani callose come di chi svolge un lavoro pesante, e pensò "certo, Giuseppe era un falegname". Incredulo per ciò che vedeva, si rese conto che erano proprio loro, come li avevano raffigurati molti pittori nelle chiese e sui quadri visti in tanti musei.

"Cari Veveresi, non so come e perchè, ma quello che accade questa sera qui, nel nostro piccolo paese, è un nuovo Santo Natale. Tra poco nascerà ancora il Bambino Gesù, in una stalla, qui tra di noi, noi che non lo meritiamo questo dono, perciò almeno questa notte, in pace tra di noi, facciamo sentire il calore dei nostri cuori e, imitando quello che fece tanti anni fa San Francesco, organizziamo il Presepe attorno alla stalla". "Ma, don Franco, non ci sono i pastori e neanche le pecore a Veveri!", dissero in coro i presenti, "Come facciamo?". "Non importa, quello che conta è il pensiero, per gli animali ci arrangiamo, dopo tutto non siete dei Cinin? Se non ci sono le pecore e gli agnellini, avremo dei maialini. Certamente Lui apprezzerà la nostra buona volontà. Forza, datevi da fare e a mezzanotte tutto deve essere pronto".




E a mezzanotte il Presepe era fatto. A molti pareva un po' strano, fuori dai canoni, dalla tradizione, ma a ben pensare, la stella cometa dopotutto era apparsa in cielo, la gente c'era, il calore degli animali, pure e, che tenerezza quei piccoli maialini! Al centro del portico, tra angioletti vestiti di bianco, apparve Maria con in braccio Gesù, al loro fianco, sempre silenzioso, Giuseppe e, al posto dei soliti asinello e bue, un cinin con la sua mamma. Voi non lo sentite, ma in cielo i cori celesti intonavano il "Gloria".





Questo è il mio racconto della notte di Natale; non è del tutto fedele alla tradizione, ma me lo perdonerete. È il sogno di un veverese, in una fredda notte, mentre fuori nevica e tutti sono in casa al calduccio.
Auguri a tutti di Buon Natale!