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Intanto la Marietta, mentre cuciva, seduta davanti alla finestra, ripensando a quel nome, Betlemme, si disse di averlo già sentito nominare, qualche volta d'inverno, verso la fine dell'anno quando nevicava, da don Franco, ma anche il povero don Pietro e don Giovanni ne avevano parlato, e quindi decise di andare in canonica e chiedere dove si poteva trovare quel paese.
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Quando la Marietta tornò a casa, presso la stalla si era riunita molta gente. "I solit curiùss - pensò - non si può tenere un segreto che tutto il paese lo viene a sapere". Poi disse con tono fermo come di chi è abituata a dare un ordine: "Andate a casa, cercate qualche vestito e tutto ciò che può essere utile, quella povera ragazza è incinta, e anche abbastanza avanti, forse deve partorire. Chiamate un'infermiera e anche un dottore. Forse il Renzo è ancora a casa, andate a chiamarlo. Almeno lui sa cosa fare. Non state con le mani in mano. Forza, gente, datevi da fare". |
Consapevoli che stava per accadere un fatto inconsueto tutti si dettero da fare. Da una casa vicina fu portato un vecchio letto, di quelli d'una volta e non più usato da tempo; due nonne presero dalle cassepanche parte del loro corredo, mai usato prima, due cuscini, diverse lenzuala, asciugamani con le proprie cifre ricamate, le fasce di lino e cotone (oggetti sconosciuti ai molti, abituati ormai ai pannolini) e altre cose che potevano all'occorrenza servire. |
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Verso sera, con gli ultimi raggi che illuminavano il "Rosa", attorno alla stalla si erano radunati in molti, c'erano i bambini dell'Asilo, quelli dell'Oratorio e tre cinin che passavano per caso di là, mentre la Marietta, orgogliosa per ciò che stava capitando a casa sua, lavorava alacremente all'uncinetto per preparare una cuffietta per il nascituro. Finalmente arrivò anche don Franco, stupito di trovare così tanta gente. Chiese di vedere ciò che stava avvenendo sotto il portico, osservò con attenzione la giovane donna adagiata sul letto improvvisato, il suo viso splendente, poi dette uno sguardo all'uomo e notò le mani callose come di chi svolge un lavoro pesante, e pensò "certo, Giuseppe era un falegname". Incredulo per ciò che vedeva, si rese conto che erano proprio loro, come li avevano raffigurati molti pittori nelle chiese e sui quadri visti in tanti musei. |
"Cari Veveresi, non so come e perchè, ma quello che accade questa sera qui, nel nostro piccolo paese, è un nuovo Santo Natale. Tra poco nascerà ancora il Bambino Gesù, in una stalla, qui tra di noi, noi che non lo meritiamo questo dono, perciò almeno questa notte, in pace tra di noi, facciamo sentire il calore dei nostri cuori e, imitando quello che fece tanti anni fa San Francesco, organizziamo il Presepe attorno alla stalla". "Ma, don Franco, non ci sono i pastori e neanche le pecore a Veveri!", dissero in coro i presenti, "Come facciamo?". "Non importa, quello che conta è il pensiero, per gli animali ci arrangiamo, dopo tutto non siete dei Cinin? Se non ci sono le pecore e gli agnellini, avremo dei maialini. Certamente Lui apprezzerà la nostra buona volontà. Forza, datevi da fare e a mezzanotte tutto deve essere pronto". |
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Questo è il mio racconto della notte di Natale; non è del tutto fedele alla tradizione, ma me lo perdonerete. È il sogno di un veverese, in una fredda notte, mentre fuori nevica e tutti sono in casa al calduccio. |