Il viaggio per gli ultimi giorni del 2014 è durato dal 29 dicembre al 2 di gennaio 2015 ed è stato organizzato da Stat Viaggi di Casale. Alle 05 siamo stati prelevati alla stazione ferroviaria di Novara da una navetta che ci ha portati ad Alessandria dove siamo saliti sul bus della Stat con destinazione Caserta, nostra prima tappa. Ad Alessandria siamo entrati in Autostrada E25 con direzione Genova Voltri dove sono saliti gli ultimi partecipanti al viaggio. Il percorso lungo la Riviera di Levante, dopo la visione dei monti e delle cave di marmo alle spalle di Carrara, è stato abbandonato per dirigerci verso Lucca, Pistoia, Firenze e proseguire in direzione di Roma e Napoli lungo l'Autostrada del Sole A1. Passata la rocca di Cassino eccoci alla nostra prima tappa, la Reggia di Caserta. Giungendo nel tardo pomeriggio abbiamo potuto visitare solo il piano nobile mentre non è stato permesso visitare i giardini e il parco, chiusi al pomeriggio.
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La Reggia di Caserta, denominata anche Palazzo Reale di Caserta, è una residenza storica appartenuta ai Borbone di Napoli. Situata nel comune di Caserta, è circondata da un parco nel quale si individuano due parti: il giardino all'italiana, con diverse fontane e la Grande Cascata, e il giardino all'inglese con fitti boschi. Per la sua volumetria, la reggia di Caserta è la più grande residenza reale del mondo con oltre 2 milioni di m³. É il decimo sito statale italiano più visitato, con circa 450.000 visitatori e un introito lordo totale di 1,7 milioni di Euro, perennemente in deficit.
Il Palazzo reale fu voluto dal re di Napoli Carlo di Borbone, il quale volle che venisse costruita una reggia tale da poter reggere il confronto con quella di Versailles. L'incarico di costruire la reggia fu dato all'architetto Luigi Vanvitelli. Carlo di Borbone chiese che il progetto comprendesse anche il parco e la sistemazione dell'area urbana circostante, con un nuovo acquedotto (Acquedotto Carolino) che attraversasse l'annesso complesso di San Leucio.
Vanvitelli giunse a Caserta nel 1751 e iniziò subito la progettazione del palazzo. Il 20 gennaio 1752, nel corso di una solenne cerimonia alla presenza della famiglia reale con squadroni di cavalleggeri e di dragoni che segnavano il perimetro dell'edificio, fu posta la prima pietra. I lavori durarono complessivamente diversi anni e alcuni dettagli rimasero incompiuti. Nel 1759, infatti, Carlo di Borbone era salito al trono di Spagna e aveva lasciato Napoli per Madrid. I sovrani che gli succedettero, Gioacchino Murat, Ferdinando IV poi Ferdinando I delle Due Sicilie, Francesco I, Ferdinando II e Francesco II, col quale ebbe termine in Italia la dinastia dei Borbone, non condivisero lo stesso entusiasmo di Carlo di Borbone per la realizzazione della Reggia. Infine, nel 1773 morì Vanvitelli al quale successe il figlio Carlo, anch'egli valido architetto, ma meno estroso e caparbio del padre, al punto che trovò difficoltà a compiere l'opera secondo il progetto paterno.
La reggia, ultima grande realizzazione del Barocco italiano, fu terminata nel 1845 anche se già bitata dal 1780, risultando un grandioso complesso di 1200 stanze, per una spesa complessiva di 8.711.000 ducati. Nel lato meridionale, il palazzo è lungo 249 metri, alto 37,83. La facciata principale presenta un avancorpo centrale sormontato da un frontone; ai lati del prospetto si innestano altri due avancorpi. La facciata sul giardino è uguale alla precedente, ma presenta finestre inquadrate da lesene scanalate. Il palazzo ricopre un'area di circa 47.000 m²; dispone di 1026 fumaroli e 34 scale. Oltre alla costruzione perimetrale rettangolare, il palazzo ha all'interno due corpi di fabbricato che s'intersecano a croce e formano quattro vasti cortili interni.
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Oltre la soglia dell'entrata principale alla reggia si apre un vasto vestibolo ottagonale con venti colonne doriche. A destra e a sinistra si inseriscono i passaggi che portano ai cortili interni, mentre un triplice porticato immette al centro topografico della reggia. In fondo, da un terzo vestibolo si accede al parco. Su un lato del vestibolo ottagonale si apre lo scalone reale a doppia rampa, un autentico capolavoro di architettura tardo barocca, immortalato in numerose pellicole cinematografiche. Ai margini del primo pianerottolo si trovano due leoni in marmo mentre il soffitto, caratterizzato da una doppia volta ellittica, fu affrescato con Le quattro Stagioni e La reggia di Apollo; sulla parete centrale è addossata una statua di Carlo di Borbone affiancata da La verità e Il merito. La doppia rampa si conclude in un vestibolo posto al centro dell'intera costruzione. Di fronte si trova l'accesso alla grande Cappella Palatina.
Alla sinistra del vestibolo si accede agli appartamenti attraverso la sala degli Alabardieri alla quale segue quella delle guardie del corpo. La successiva sala è detta del "baciamano" e si trova al centro della facciata principale e funge da disimpegno tra l'Appartamento Vecchio e l'Appartamento Nuovo. L'Appartamento Vecchio fu il primo ad essere abitato da Ferdinando IV e dalla consorte Maria Carolina ed è composto da una serie di stanze con pareti rivestite in seta della fabbrica di San Leucio. Le prime quattro stanze sono dedicate alle quattro stagioni. Segue lo studio di Ferdinando II, poi si accede alla camera da letto. Poi vi è la sala dei ricevimenti, che, mediante una serie di anticamere, è collegata direttamente alla Biblioteca Palatina e quindi alla cosiddetta Sala Ellittica, che ospita un presepe napoletano.
L'Appartamento Nuovo fu costruito tra il 1806 ed il 1845. Vi si accede tramite la Sala di Marte in stile neoclassico e proseguendo oltre l'adiacente Sala di Astrea, si giunge all'imponente Sala del Trono. Questo era il luogo dove il re riceveva ambasciatori e delegazioni ufficiali, in cui si amministrava la giustizia e si tenevano i fastosi balli di corte. Una sala lunga 36 metri e larga 13,50, ricchissima di dorature e pitture, che fu terminata nel 1845 su progetto dell'architetto Gaetano Genovese. Le successive stanze rappresentano il cuore dell'Appartamento Nuovo e furono ultimate dopo il 1816.
Quando usciamo dalla reggia è ormai buio e, riprendendo il bus, raggiungiamo il nostro Hotel in località Casarea a Casalnuovo di Napoli, a nord-est della metropoli.
Il giorno seguente, 30 dicembre, è dedicato alla visita alla Costiera Sorrentina e alla costiera Amalfitana con la visita ad Amalfi e, in serata, a Salerno. Il maltempo dei giorni precedenti ha interrotto alcune strade per cui la visita è rimasta monca di una parte del percorso.
Il 31 dicembre avviene la visita ad una parte centrale di Napoli, partendo dalla zona del duomo e poi, lungo Spaccanapoli, fino alla chiesa di Santa Chiara, per terminare a sera nella Piazza del Plebiscito, Galleria, Maschio Angioino, Palazzo Reale e botti di fine anno.
La cattedrale di Napoli, dedicata a santa Maria Assunta, è una delle più importanti e grandi chiese della città. Sorge lungo il lato est della via omonima, che è l'antico cardo della città romana, in una piazzetta con portici, ospita il battistero più antico d'Occidente (il battistero di San Giovanni in Fonte) e tre volte l'anno accoglie il rito dello scioglimento del sangue di san Gennaro.
Secondo le antiche cronache, sul sito dell'attuale cattedrale nel III-IV secolo sorse l'oratorio di Santa Maria del Principio, dove Aspreno, il primo vescovo della città, decise di insediare l'episcopato di Napoli. A partire dal IV secolo nacquero diversi edifici di culto e tra queste si ricordano la basilica di Santa Restituta, il battistero di San Giovanni in Fonte e diverse cappelle annesse come quelle di San Lorenzo, Sant'Andrea e Santo Stefano. Nel XIII secolo fu iniziata la costruzione della cattedrale inglobando le precedenti strutture e la demolizione di altre. Per la progettazione e la costruzione della nuova chiesa, per volontà del re Carlo II di Napoli, vennero chiamati architetti di estrazione francese. La cattedrale fu completata nel 1313 e nel 1314 fu solennemente dedicata all’Assunta.
La facciata fu ricostruita più volte nel corso dei secoli, anche a causa di vari terremoti: quella attuale fu rifatta in stile neogotico alla fine dell'Ottocento ed inaugurata solo nel 1905. L'interno, con pianta a croce latina, è costituito da un'aula suddivisa in tre navate con cappelle laterali; le tre navate sono separate da una sequenza di otto pilastri per lato, in cui sono incorporati fusti di antiche colonne romane, sulle quali poggiano gli archi ogivali, decorati a stucco e marmo. La navata centrale, alta 45 m, è coperta dal ricco soffitto a cassettoni secentesco intagliato e dorato. Sotto l'arcata più prossima al transetto si trovano le due cantorie lignee barocche ospitanti l'organo, sotto la cantoria di sinistra, il baldacchino gotico della cattedra episcopale trecentesca.
I due maggiori ambienti, che nascono come luoghi autonomi rispetto al duomo, sono la Reale cappella del tesoro di San Gennaro e la Basilica di Santa Restituta. La cappella è un esempio di architettura barocca napoletana. Fu progettata dal frate Francesco Grimaldi che terminò la costruzione nel 1646. Si tratta di un monumento artistico di particolare importanza per la concentrazione ed il prestigio delle opere in esso custodite, nonché per il numero di artisti che hanno partecipato alla sua realizzazione. Grazie a varie bolle pontificie, la cappella del Tesoro di san Gennaro non appartiene alla curia, bensì alla città di Napoli rappresentata da un'antica istituzione, la "Deputazione", e dai "6 sedili di Napoli", antiche istituzioni amministrative della città. A cinque di essi avevano diritto di partecipare i nobili, mentre il resto dei cittadini era aggregato nel sesto seggio, quello del popolo. La nascita della cappella è legata agli anni difficili che visse Napoli durante la prima metà del XVI secolo, a causa di conflitti bellici, pestilenze ed eruzioni vulcaniche.
A causa di questi eventi il popolo decise di rivolgersi al proprio santo protettore e il 13 gennaio del 1527, anniversario della traslazione delle ossa di San Gennaro da Montevergine (Avellino) a Napoli, fecero voto di erigergli una nuova cappella nel duomo. I rappresentanti dei cinque sedili di Napoli nobili più il rappresentante del sedile del Popolo fecero voto di offrire mille ducati per il tabernacolo eucaristico e diecimila per la costruzione di una nuova cappella in onore di San Gennaro. Il 5 febbraio del 1601, gli "eletti della città" nominarono una commissione laica di dodici membri, due rappresentanti per ognuno dei seggi cittadini, denominata la "Deputazione" per la costruzione della nuova cappella di San Gennaro. L’opera dai primitivi 10.000, raggiunse la cifra di oltre 480.000 scudi, e i lavori terminarono solo nel 1646. Dietro l'altare, due nicchie con sportelli argentei donati da Carlo II di Spagna nel 1667 custodiscono le ampolle del sangue di San Gennaro. Il busto reliquiario di san Gennaro in oro e argento fu realizzato da tre orafi provenzali e donato da Carlo II d'Angiò nel 1305. Tutta la cappella è contornata da diciannove sculture bronzee con al centro dell'altare maggiore, san Gennaro seduto che dirige gli altri diciotto compatroni nella difesa di Napoli dalla fame, dalla crisi, dalla peste e dall'ira del Vesuvio. Sono inoltre presenti cinquantaquattro busti reliquari tutti completamente in argento.
La basilica di Santa Restituta è un esempio di architettura paleocristiana: si presenta con un'aula a tre navate divise da colonne di spoglio. L'edificio è stato modificato nel Seicento a causa di un terremoto e vi sono stati aggiunti stucchi e affreschi. Dalla basilica si accede al battistero di San Giovanni in Fonte.
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Lasciato il duomo, si entra nel Decumano Maggiore, via Tribunali e, all'altezza di San Lorenzo Maggiore, attraverso Via San Gregorio Armeno, si passa al Decumano Inferiore, via San Biagio dei Librai, più conosciuto come Spaccanapoli. Via San Gregorio Armeno è celebre turisticamente per le botteghe artigiane di presepi e statuine. La strada che popolarmente è chiamata san Liguoro, risulta essere uno degli stenopoi tipici dell'architettura urbanistica greca la quale caratterizza tutto il centro antico di Napoli. In quanto stenopos (cardine nell'urbanistica romana), la via fungeva da collegamento tra le due plateiai (decumani): la plateia maggiore (attuale via dei Tribunali) e quella inferiore (Spaccanapoli). Le due principali strade dell'allora Neapolis, erano dunque congiunte perpendicolarmente proprio da questa strada, all'altezza della Basilica di San Lorenzo Maggiore, dove sorgeva l'agorà. A circa metà strada, sorge la storica chiesa di San Gregorio Armeno fondata attorno al 930. La tradizione presepiale di san Gregorio Armeno ha un'origine remota: nella strada in epoca classica esisteva un tempio dedicato a Cerere, alla quale i cittadini offrivano come ex voto delle piccole statuine di terracotta, fabbricate nelle botteghe vicine. La nascita del presepe napoletano è molto più tarda e risale alla fine del Settecento. Oggi via San Gregorio Armeno è nota in tutto il mondo come il centro espositivo delle botteghe artigianali qui ubicate che ormai tutto l'anno realizzano statuine per i presepi.
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Alla fine di Via San Gregorio Armeno sbuchiamo in Spaccanapoli e, poco prima di piazza San Domenico e della omonima chiesa, avremmo dovuto entrare nella Cappella San Severo ma, a causa della lunga fila, siamo andati oltre. La cappella Sansevero (detta anche chiesa di Santa Maria della Pietà o Pietatella) è tra i più importanti musei di Napoli. Questa chiesa, oggi sconsacrata, è attigua al palazzo di famiglia dei principi di Sansevero. La cappella ospita capolavori come il Cristo velato, conosciuto in tutto il mondo per il suo velo marmoreo che quasi si adagia sul Cristo morto, ed è un complesso singolare e carico di significati. Oltre ad essere stato concepito come luogo di culto, il mausoleo è soprattutto un tempio massonico carico di simbologie, che riflette il genio e il carisma di Raimondo di Sangro, settimo principe di Sansevero, committente e allo stesso tempo ideatore dell'apparato artistico settecentesco della cappella. Pur non avendolo visitato, ho riprodotto due immagini del Cristo velato e del contesto in cui è collocato. A breve distanza si visita la basilica di Santa Chiara e il relativo chiostro del monastero. Questo complesso fu edificato tra il 1310 e il 1340 per volere di Roberto d'Angiò e della regina Sancha d'Aragona, nei pressi dell'allora cinta muraria occidentale, oggi piazza del Gesù Nuovo, e rappresenta la più grande basilica gotica della città. Nella basilica di Santa Chiara, il 14 agosto 1571, vennero solennemente consegnate a don Giovanni d'Austria, il vessillo pontificio di Papa Pio V ed il bastone del comando della coalizione cristiana prima della partenza della flotta della Lega Santa per la battaglia di Lepanto contro i Turchi Ottomani. La basilica è lunga circa 130 metri, alta 45 (la chiesa a navata unica tra le più alte d'Europa) e larga circa 40. L'interno risulta formato da un'unica navata rettangolare, disadorna, con dieci cappelle per lato. Nella zona presbiteriale sono posti il sepolcro di Roberto d'Angiò, ai lati del sepolcro del re ci sono quelli di Maria di Durazzo e del primogenito Carlo, Duca di Calabria, databili 1311-1341. Sulla parete sinistra del presbiterio invece vi è il Sepolcro di Maria di Valois, databile 1331. Di fronte ai monumenti funebri vi è il trecentesco altare maggiore con un crocifisso ligneo del XIV secolo.
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Il chiostro delle Clarisse, o chiostro maiolicato, opera del 1739, si deve all'estro di Domenico Antonio Vaccaro. Lungo 82,30 metri e largo 78,30 con settantadue pilastri di varia grandezza, sul lato di servizio a nord. Il chiostro fu completamente trasformato dal Vaccaro che mantenne la struttura gotica ridisegnando solo il giardino rustico decorato da preziose "riggiole" maiolicate, ricollocate dopo la seconda guerra mondiale. Il giardino è circondato da un ambulacro leggermente rialzato, che presenta alle pareti affreschi barocchi e un muretto decorato da riggiole con paesaggi; due viali dividono il chiostro a croce e sono fiancheggiati da sedili rivestiti da riggiole con "Paesaggi", "Scene campestri", "Mascherate", "Scene mitologiche" ecc. Tra le aiuole ci sono due fontane con fondo ricoperto da riggiole, una delle quali è ornata da due figure di leoni del XIV secolo. Uno degli aspetti più interessanti del chiostro sono le scene di vita quotidiana dipinte sui parapetti tra i pilastri: esse raccontano cosa succedeva all'esterno del complesso, si alternano rappresentazioni della città e le sue allegorie che rimandano ai quattro elementi (terra, aria, fuoco e acqua).
Di fronte alla basilica di Santa Chiara vi è la chiesa del Gesù Nuovo o Trinità Maggiore; si erge in piazza del Gesù Nuovo ed è situata ad ovest dell'antico decumano inferiore. Era la chiesa dei Gesuiti e, all'interno, vi è custodito il corpo del medico san Giuseppe Moscati e le sue stanze private dentro le quali soggiornava.
Dopo un pranzo abbondante ma poco curato, soprattutto nel secondo, presso il Ristorante Cala Sole, tra Mergellina e Bagnoli, dall'alto abbiamo osservato il Golfo di Napoli e Castel dell'Ovo, siamo poi andati per una breve visita nella zona
della Piazza del Plebiscito, del Palazzo Reale, di Via Toledo, della Galleria Umberto I°, di Castel Nuovo o Maschio Amgioino e, dopo aver bevuto un buon caffè in un locale storico presso Piazza del Plebiscito, abbiamo fatto ritorno in hotel per il cenone di fine anno, poco gustato per i piatti abbondanti ma scarsamente curati per la qualità del cibo che tornavano indietro in gran parte ancora pieni, il tutto in un continuo assordante casino musicale.
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Il primo dell'anno si è svolta la visita dell'isola di Capri, con partenza dalla calata Beverello, proprio sotto il Maschio Angioino e arrivo a Marina Grande. Saliti su due piccoli pulmini, a folle velocità siamo andati ad Anacapri. A parte il panorama e le numerose ville, di interesse artistico vi è solo la chiesa monumentale di San Michele con il suo splendido pavimento in maiolica che rappresenta il Paradiso terrestre e la cacciata di Adamo ed Eva tra lo stupore di decine di animali anche di fantasia. La Chiesa di San Michele è uno dei più pregevoli esempi di tutta la produzione settecentesca napoletana. All'interno la chiesa presenta una pianta ottagonale a croce greca, coperta da una cupola.
Bello anche il panorama su Marina Grande e su Capri dal poggio posto dietro villa San Michele. Con i pulmini ci dirigiamo a Capri per il pranzo, deludente per il secondo di pesce rifritto in abbondante condimento e immangiabile, presso il Ristorante La Pigna.
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Dopo il pranzo, una breve passeggiata verso la decantata piazzetta di Capri (deludente), un caffè, una discesa verso la Certosa e i Giardini di Augusto per godere del panorama dominato dai Faraglioni. Alle diciassette di nuovo in pulmino per scendere al porticciolo, riprendere il battelo e ritornare a Napoli.
L'ultimo giorno, il 2 di gennaio, prima del ritorno al nord (partenza alle ore 11,00), visitiamo un po' frettolosamente e in meno di due ore gli scavi di Pompei.