Modena

Foto di Livio G. Rossetti
27 ottobre 2019

Gita giornaliera a Modena, all'Acetaia Villa San Donnino a Ca' Busa, vicino a Modena e a Sassuolo per visitare il Palazzo Ducale Estense, organizzata da "Tu mi fai girar...", agenzia di Cossato. Salgo a Novara Est in bus con un gruppo di trentasei altre persone e l'accompagnatrice Silvana, sempre gentile e disponibile. Verso le ore 10,00 raggiungiamo la nostra meta.

Modena è un comune di quasi 200 mila abitanti. Nelle fonti le prime notizie su Modena risalgono alla guerra tra Romani e Boi che abitavano nell'area. La città di Modena è stata fondata nel 183 a.C., come colonia di diritto romano. Dal VI secolo Modena è una città ducale del Regno Longobardo al confine con i possedimenti dell'Impero romano d'oriente. Dal 1598 al 1859 fu capitale del Ducato di Modena e Reggio. Nel 1757 il Duca Francesco III d'Este fondò l'Accademia militare per la formazione degli ufficiali dell'esercito Estense con sede nel palazzo ducale. Con l'unità d'Italia il Palazzo Ducale fu sede della Scuola militare del Regno di Sardegna, poi Regno d'Italia, evolutasi nei decenni fino a divenire nel 1947 Accademia Militare dell'Esercito e dell'Arma dei Carabinieri. Il Duomo, la Torre Civica e la Piazza Grande della città sono inserite, dal 1997, nella lista dei siti italiani patrimonio dell'umanità dall'UNESCO.

La città si trova circa al centro della provincia di cui è capoluogo, nella Val Padana in un territorio completamente pianeggiante. Due fiumi la circondano senza attraversarla: il Secchia ed il Panaro. Nella provincia hanno sede importanti industrie alimentari tra cui Grandi Salumifici Italiani, centri di produzione del Parmigiano Reggiano e della lavorazione del maiale, metalmeccaniche tanto da essere considerata la Capitale Mondiale dell'Automobilismo Sportivo con le sedi della Ferrari a Maranello, della Maserati in città, della Pagani a San Cesario sul Panaro e fino a pochi anni fa la De Tomaso in periferia e la Bugatti a Campogalliano. Inoltre ad una decina di chilometri dalla città, ma già in provincia di Bologna, si trova la sede di un'altra storica azienda del settore come la Lamborghini. Modena viene anche considerata la capitale mondiale delle ceramiche e delle piastrelle, grazie alle aziende presenti nei territori di Sassuolo e Fiorano Modenese. Notevole l'industria tessile di Carpi e quella biomedica di Mirandola.

Fino alla metà del XIX secolo, la città aveva due darsene: una interna alle mura, nell'attuale Corso Vittorio Emanuele, ed una esterna (il bacino) all'altezza del cavalcaferrovia della Sacca, interrata nel 1936. Dei canali di Modena rimane traccia nei nomi delle strade, in particolare nel Centro Storico: esistono infatti vie chiamate Canal Grande, Canal Chiaro, Canalino, Canaletto e così via. Il nome latino della città era Mutina. Nel IV secolo è citata come Mutena e successivamente Mòtina e Mòdana, da cui Modena. Divenne capoluogo dell’ex Gallia cisalpina e sede del governatore per due secoli. Successivamente venne abbandonata fra il V e il VII secolo, causa le numerose inondazioni dei fiumi Secchia e Panaro. Tornò a ripopolarsi gradualmente intorno alla sede vescovile, che aveva assunto la guida della città ed il vescovo Leodoino la fece cingere di mura nell'891. Durante la signoria dei vescovi, venne eretta la nuova cattedrale. Il potere vescovile ebbe termine con l'autonomia comunale nel 1135 ma, nel 1249, Modena ghibellina venne sconfitta da Bologna guelfa facendo tornare al potere il partito filovescovile, ma, nel 1288, si consegnò agli Estensi di Ferrara. Il 15 novembre 1325 Modena inflisse una pesante sconfitta ai bolognesi fino a giungere sotto le mura della città e ad assediarla. Dopo una settimana i modenesi tolsero l'assedio e tornarono in città portando come trofeo un secchio di legno sottratto da un pozzo fuori porta San Felice, la "Secchia Rapita" che venne utilizzata come spunto per l'omonimo poema eroicomico di Alessandro Tassoni. Quella secchia, o una similare, è custodita ora nel Palazzo Comunale.





















La prima tappa del breve soggiorno a Modena è il Palazzo Comunale. Non si tratta in realtà di un unico palazzo, ma del risultato della ristrutturazione sei-settecentesca di numerose costruzioni sorte a partire dal 1046, tutte con la medesima funzione di edifici amministrativi e di rappresentanza. L'antica Torre civica (oggi Torre Mozza) crollò nel 1671 in seguito a un terremoto. Noi abbiamo visitato le stanze storiche.































Dopo il Palazzo civico, una scappata al Duomo di Modena. In stile romanico, la cattedrale è stata edificata dall'architetto Lanfranco, nel sito del sepolcro di san Geminiano, patrono di Modena. Una lapide murata all'esterno dell'abside maggiore riporta come data di fondazione della nuova cattedrale modenese il 23 maggio 1099, e indica anche il nome dell'architetto, Lanfranco, maestro "famoso per ingegno, sapiente e esperto, direttore e maestro di questa costruzione". La nuova cattedrale fu voluta dalla popolazione al posto della precedente chiesa. Si riporta anche come diede l'assenso all'opera e il proprio appoggio anche la contessa Matilde di Canossa. Lanfranco venne a Modena accompagnato da un gruppo di valenti muratori e lapicidi (i cosiddetti Maestri comacini) che si misero subito al lavoro. A Lanfranco si dovette affiancare presto lo scultore Wiligelmo, ricordato da un'analoga lapide sul lato opposto della chiesa, il quale non solo lavorò assieme ai suoi allievi e seguaci alla decorazione scultorea della chiesa, ma forse si occupò anche dell'architettura, iniziando i lavori dalla facciata, mentre Lanfranco partì dalle absidi.
Nel 1106 la costruzione era già coperta e si poté traslare il corpo del Santo patrono nella cripta della nuova basilica. Questa cerimonia avvenne in forma solenne alla presenza del papa Pasquale II, di vescovi e abati, della contessa Matilde e del popolo, attento e vigile durante la ricognizione del sepolcro nel timore che vi potessero essere furti di reliquie, allora oggetto di fiorente commercio. Demolita poi completamente la vecchia cattedrale, i lavori continuarono ed entro il terzo decennio del XII secolo il lavoro dei successori di Lanfranco e Wiligelmo si era concluso

Di corsa ho ripreso prima gli esterni partendo dalla zona delle tre absidi, poi lungo il suo fianco sud esposto in Piazza Grande con le sue famose porte. La Porta regia non esisteva nel Duomo di Lanfranco ed è opera dei maestri campionesi, databile fra il 1209 e il 1231 mentre si svolgevano anche i lavori nel presbiterio. Presenta all'esterno alcuni gradini ed è di marmo rosa, diverso dal colore bianco della superficie del Duomo. Minore, rispetto alle altre porte, è la sua decorazione scultorea, mentre molto maggiore è la sua imponenza architettonica: a strombo, delimitato da una serie di colonne tutte diverse, di cui le due prime due sono sorrette da due grandi leoni stilofori che stringono la preda fra le zampe e rappresentano nell'iconografia medioevale la lotta fra il diavolo e l'uomo o fra questo e Dio. Il tutto è sormontata da un imponente protiro. La più piccola Porta dei Principi è ornata nell'architrave da un bassorilievo raffigurante episodi della vita di San Geminiano. Sullo stesso lato sporge un pulpito opera del 1500-1501 di Giacomo da Ferrara e Paolo di Giacomo che ha sulla cassa i simboli degli Evangelisti. Sul fianco settentrionale si trova la Porta della Pescheria, sormontata dal protiro retto da due colonne su leoni stilofori, che ha negli stipiti bassorilievi ispirati ai dodici mesi dell'anno e tralci vegetali abitati da animali reali e fantastici.
La torre campanaria, la Ghirlandina, di tipo lombardo è indipendente.

La facciata è a salienti, cioè con sporgenze orientate verso l'alto che riflettono la forma interna delle navate, con tetti spioventi ad altezze diverse. Due poderose paraste dividono la facciata in tre campiture. Il centro è dominato dal portale maggiore, sovrastato da un protiro a due piani con un'edicola dalla volta a botte. Il protiro è retto da due leoni stilofori di epoca antica. Numerosi rilievi, tra i quali i quattro celebri pannelli con le Storie della Genesi di Wiligelmo, decorano la facciata. Questi rilievi sono posti al di sopra dei portali laterali e a fianco di quello centrale, sono suddivisi in dodici parti, che vanno dalla rappresentazione di Dio in una mandorla fino al diluvio universale. Il grande rosone venne aggiunto nel XIII secolo assieme ai due portali laterali, che comportarono lo spostamento dei pannelli di Wiligelmo.

Le sculture del Duomo di Modena sono parte integrante del complesso monumentale. I rilievi di Wiligelmo ne fanno il caposcuola della scultura romanica in Italia. Come altre grandi cattedrali romaniche o gotiche, il duomo di Modena è stato definito "la Bibbia di pietra o dei poveri", perché consentiva ai poveri e agli analfabeti di ricevere l'istruzione religiosa. La facciata è dominata dalla decorazione marmorea dovuta in gran parte a Wiligelmo, scultore modenese, che scolpì i quattro grandi rilievi con le Storie della Genesi. Le quattro scene rappresentano la Creazione dell'uomo, della donna e peccato originale, la cacciata dal Paradiso Terrestre, il sacrificio di Caino e Abele, l'uccisione di Abele e il rimprovero divino, l'uccisione di Caino, l'arca del diluvio, l'uscita di Noè dall'arca. Sono attribuiti a Wiligelmo anche altri rilievi: i cervi che si abbeverano alla fonte, il rilievo con animali fantastici e una figura umana nuda che cavalca un mostro, i capitelli al livello della loggetta che hanno motivi figurati con teste di animali, teste e mascheroni di uomini e donne. Anche la decorazione del portale centrale è certamente di Wiligelmo, come i due genietti alati appoggiati su fiaccole rovesciate; accanto a quello di sinistra un uccello, che viene identificato con l'ibis, simbolo del cattivo cristiano, o col pellicano che si richiama alla resurrezione di Cristo.

Non è di Wiligelmo l'altorilievo di Cristo in trono entro una mandorla posto al di sopra del rosone della facciata e sovrastato da una specie di baldacchino che è attribuito a un Maestro del Redentore vissuto molto dopo gli inizi del XIII secolo. Una lastra di marmo bianco posta dopo la Porta Regia, opera di Agostino di Duccio, è divisa in quattro parti, datata e firmata (1442), e tratta delle Storie di San Geminiano, limitando la rappresentazione alla guarigione della figlia dell'imperatore e alla consegna dei doni, a cui si aggiungono le miracolose esequie del Santo alla presenza di San Severo, vescovo di Ravenna e la liberazione di Modena da Attila, che fa parte dell'agiografia tradizionale di San Geminiano.

A Lanfranco e Wiligelmo subentrarono a partire dal 1167 le maestranze campionesi, provenienti anch'esse dal nord della Lombardia. I Maestri campionesi erano stati chiamati per completare la cattedrale e, soprattutto, per costruire la torre campanaria. A loro si devono buona parte delle decorazioni interne, ma anche diversi interventi strutturali quali l'apertura delle due porte della facciata ai lati del portale maggiore e la costruzione del grande rosone gotico al centro della facciata. Fu modificato il presbiterio, con la costruzione del mirabile pontile riccamente decorato, e venne aperta la grandiosa Porta Regia sulla Piazza Grande, anch'essa non prevista da Lanfranco, vicina alla Porta dei principi, anch'essa sulla piazza e già presente nel progetto iniziale, che trae il proprio nome dalla presenza di due principi nella decorazione dell'architrave. Ai Maestri campionesi sono anche attribuibili gli Arcangeli Gabriele e Michele posti uno alla sommità del tetto della facciata e l'altro su quello dell'abside centrale. L'attività dei Campionesi continuò per tre generazioni, come testimonia nel 1322 la realizzazione del pulpito interno da parte di Enrico da Campione. Poiché le cronache registrano nel 1319 il compimento della cuspide della Ghirlandina, si può datare intorno alla metà del XIV secolo la partenza dalla città dei Campionesi.
I simboli degli Evangelisti che i Campionesi spostarono al di sopra del rosone, sono vicini stilisticamente a Wiligelmo, ma sono attribuiti a un allievo, detto Maestro degli Evangelisti, che evidenzia un gusto più raffinato della forma.







































































La chiesa è a tre navate prive di transetto e con un presbiterio in posizione sopraelevata. A ciascuna navata corrisponde un'abside. La copertura era anticamente a capriate lignee e venne sostituita con volte a crociera a sesto acuto soltanto durante il XV secolo. Vi è la presenza anche di un finto matroneo che ha la funzione di alleggerire la struttura. Sopra il matroneo vi è un cleristorio molto alto per rinforzare le volte a crociera. Il presbiterio è rialzato rispetto alla cripta, creando un pontile realizzato da maestri campionesi. La navata centrale presenta quattro grandi campate, di lunghezza doppia rispetto a quelle nelle navate laterali. L'uso di pilastri a fascio e colonne alternati è di solito funzionale alla costruzione delle volte, perché le volte della navata centrale, più ampie e pesanti, poggiano su pilastri, mentre le volte delle navate laterali scaricano su colonne o pilastri più piccoli.

L'ambone, opera di Anselmo da Campione, consta di un pontile sporgente sorretto da colonne che a loro volta poggiano su telamoni seduti e curvi e da leoni stilofori che sono accucciati sulle loro prede ribelli. I capitelli di tre delle 10 colonne a sostegno del pontile si rifanno all'aspettativa di salvezza con il sacrificio di Abramo, il martirio di San Lorenzo e Daniele nella fossa dei leoni. Altri due capitelli indicano aquile pronte a spiccare il volo. Gli altri cinque capitelli recano motivi vegetali. Le quattro mensole che sostengono il pontile più internamente riportano telamoni, Sansone che smascella il leone e un Leone che divora un peccatore. Sotto le mensole ci sono due bassorilievi raffiguranti Giuda che riscuote i denari e Pietro che rinnega Gesù Cristo.

Le sculture che esaltano le capacità dei Campionesi sono nei rilievi che ornano l'ambone con le figurazioni dei dottori della Chiesa, dei simboli degli Evangelisti, di Cristo in maestà e di Cristo che risveglia gli apostoli nel Getsemani. Ma le opere più interessanti sono i rilievi marmorei dipinti del parapetto raffiguranti scene della Passione di Gesù: la lavanda dei piedi, l'ultima cena, il bacio di Giuda, la cattura di Cristo, il giudizio di Pilato, il Cireneo che porta la croce. Di queste sculture non è noto l'autore che viene quindi chiamato Maestro campionese della Passione.

La cripta è una chiesa sotterranea a nove navate, cui si accede dalla navata centrale del Duomo scendendo alcuni gradini. Ad eccezione della parte con il sepolcro di San Geminiano modificata nel 1700, è rimasta inalterata da quando venne costruita tra il 1099 e il 1106. Vi si trova la Madonna col Bambino, una servetta e due santi, forse raffiguranti i coniugi Porrini committenti del gruppo di terracotta dipinta di Guido Mazzoni del 1480. È detto anche Madonna della Pappa per il gesto familiare della goffa fantesca che soffia su una ciotola della pappa prima di darla al Bambino. Sono da ammirare i capitelli delle numerose colonne, tutti diversi per forma e dimensioni: pochi sono in stile corinzio, gli altri sono con leoni, sirene, animali fantasiosi e uno con la Storia di San Lorenzo. Alcuni caratteri li assimilano alla scultura preromanica lombarda, si può perciò dire che sono opera dei lapicidi che scesero a Modena al seguito di Lanfranco, i cosiddetti Maestri Comacini.

Nel presbiterio sopraelevato si trova il coro ligneo intarsiato del 1461-1465 opera degli esponenti di una dinastia di provetti ebanisti. Degli ultimi decenni del Trecento è il polittico del pittore modenese Serafino de' Serafini situato nell'abside di sinistra e rappresentante l'Incoronazione della Vergine, la crocefissione e Santi. Sotto al polittico si trova una lastra marmorea con la croce e animali che si fronteggiano del IX secolo, che proviene dalla prima cattedrale poi andata distrutta









































Terminata la visita al Duomo percorriamo le strade dell'antico ghetto ebraico dove è ancora presente la Sinagoga e giungiamo nuovamente davanti al Palazzo Ducale nei pressi del quale risaliamo sul nostro bus per recarci all'Acetaia Villa San Donnino a Ca' Busa, a pochi chilometri da Modena.