Vecchi mestieri
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Il panettiere.
Oreste Lesca fotografa lo zio Pinìn nel forno dei Pescio (1963).
La produzione del pane era un lavoro che si svolgeva di notte e il panettiere, seguendo tradizionali ricette, miscelava gli ingredienti (farina, acqua, sale, a volte strutto o altri grassi, lievito, riprodotto da un precedente pezzo d'impasto che si era lasciato riposare e prendere una naturale acidità sotto un piatto rovesciato in un angolo); poi lasciava lievitare l'impasto, lo modellava e lo cuoceva nel forno. Gli impasti erano diversi a seconda del prodotto che si voleva ottenere. Pur essendoci impastatrici elettriche e forni elettrici o a gas, gran parte del lavoro veniva fatto a mano. Il panettiere lavorava dall'una o dalle due dopo mezzanotte fino alle prime ore del giorno.
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Uno dei vecchi mestieri, scomparso a Veveri, era quello del panettiere o fornaio, al pristiné |
L'ultimo a svolgere questo mestiere è stato il Pinìn(Giuseppe Zecca) |
Nel pieno della notte impastava la farina ... |
Dopo la lievitazione formava con amore le pagnotte ... |
Il pane, tra tutti gli alimenti, ha un ineguagliabile profumo che si sente solo nel locale del forno; quando servivo a messa, all'epoca di don Alberto, alle 7 e un quarto,fuori da messa, andavo di corsa nel forno che si trovava dietro il negozio della signora Pinuccia Manica e, quasi urlando, dicevo "Pinìn, è pronto il panino caldo?". E lui, sorridendo, mi porgeva una pagnotta, ancora calda e fumante, così potevo correre dalla zia Lucia per fare colazione. La festa grande era però il giorno in cui il Pinìn sfornava "al pan-mèlga" (in italiano dovremmo dire pane di mais). Aveva un profumo che non ho più sentito, in nessuna panetteria. Non c'era paragone con i michìn, con i biciulàn e con al pan a l'oli. La farina era integrale, macinata grossa, ma era morbida, una volta cotta, soffice, non stopposa come quella di oggi che non sà di niente. |
Le infornava ... |
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Controllava la cottura |
E alla fine le faceva raffreddare su di un telo. |
Il mestiere del Pinìn era molto faticoso. La notte, mentre tutti dormivano, lui si alzava, ogni giorno dell'anno e andava al lavoro per farci avere, di buon'ora, quel croccante pane. Versava in un grande contenitore la farina,il lievito,un po' di sale e quando l'impasto era pronto cominciava il lavoro più duro , quello di lavorare con le mani la pasta fino a renderla più compatta e meno umida. La pasta veniva con forza schiacciata con pugni, allargata, riunita, girata e rigirata molte volte. Da quell'impasto ne staccava un pezzo, lo rendeva un lungo salame che poi tagliava con abilità e ad esso dava la forma di pagnotte. Successivamente i panetti venivano sistemati su tavole e protette con teli perchè lievitassero bene. Al momento giusto lo infornava, con movimenti secchi, metodici, con lunghe palette di metallo e aste di legno. Un mestiere apparentemente semplice ma importante per tutti.
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