San Gaudenzio

Foto di Enrico Camaschella dal sito www.astrea.it e foto dal sito www.montipo.it
vecchie foto rielaborate da Livio G. Rossetti

San Gaudenzio
Fu il primo vescovo della Chiesa novarese, divenuta sede vescovile alla fine del IV secolo per iniziativa della Chiesa di Milano e dei suoi vescovi Ambrogio e Simpliciano. I dittici, con la serie dei vescovi più antichi, indicano la durata del suo episcopato in vent’anni, mentre la Vita, redatta alla fine del secolo XI, e gli antichi documenti liturgici, oltre a indicarlo originario di Ivrea, lo propongono quale immagine del “buon pastore”, coraggioso nel testimoniare la fede, austero nello stile di vita, caritatevole verso i bisognosi. Morì il 3 agosto forse del 418 e venne sepolto fuori Porta Vercelli. Sin dall’alto medioevo la comunità novarese celebra in modo solenne Gaudenzio come protovescovo, padre della fede, patrono della Città e Diocesi. La festa liturgica si celebra a Novara il 22 gennaio.

La costruzione della cupola

L'idea di completare la Basilica di San Gaudenzio con una cupola era nell'aria da tempo, ma sarà solo dopo il 1825 che si creeranno le condizioni per poter pensare seriamente al progetto. In quell'anno il re Carlo Felice di Savoia concesse alla Fabbrica Lapidea il diritto di usare i proventi derivati dall'imposta sull'acquisto della carne; si riuscì così a raccogliere i fondi per poter dare inizio ai lavori. Nel 1840 i fabbricieri affidarono all'Antonelli la costruzione della cupola e il rifacimento della facciata; questo secondo punto non verrà mai completato e verrà realizzata solo la porta in noce con rosoni e teste in ferro fuso ancora oggi in uso.

Il primo progetto fu presentato nel 1841 e i lavori iniziarono nel 1844; i primi due anni furono spesi per rifare il tamburo e gli archi di sostegno, essendo quelli vecchi inadatti a sostenere il peso dell'opera. La cupola è, infatti, sostenuta da quattro coppie di archi in muratura che, disposti a quadrato, vanno ad innestarsi sui pilastroni d'angolo del presbiterio tardo-cinquecentesco.

Subito dopo il cantiere si interruppe. Negli anni successivi furono combattute le guerre d'indipendenza contro l'Austria e il comune ridusse drasticamente i fondi destinati alla Fabbrica Lapidea. Nel 1855 l’Antonelli presentò un secondo progetto modificato con il quale portava l'altezza da 65 a 75 metri. Nel 1858 la situazione economica era migliorata e i lavori poterono riprendere ma l'architetto, invece di impostare la base per la chiusura della cupola, fece erigere una seconda corona di pilastri alti 5 metri. Nel 1860 presentò quindi il progetto di una cupola a due ordini di colonne che fu bocciato. Nel maggio 1861 il progetto venne ripresentato con la garanzia che sarebbe costato meno del precedente; dopo molte contestazioni fu infine accettato e due anni dopo la costruzione della cupola giunse al termine. A quel punto mancava solo la guglia, ma i dissidi tra la Fabbrica e l'architetto bloccarono i lavori per un decennio, durante i quali egli si dedicò alla costruzione della Mole Antonelliana di Torino.

Nel frattempo la cupola suscitava l'ammirazione dei visitatori e lentamente si fece strada l'idea che si sarebbe dovuta completare finché il suo progettista era in vita e che perciò fosse necessario lasciargli carta bianca. I lavori ripresero: tra il 1873 e il 1874 l'Antonelli si dedicò alla decorazione floreale a stucco della cupola interna e soltanto nell'estate del 1876 mise finalmente mano al cupolino che fu completato nel 1878.

In anni in cui in Francia, soprattutto, stava prendendo piede l'architettura del ferro, l'Antonelli scelse di utilizzare ben 2046 metri cubi di mattoni di provenienza locale (fornace Bottacchi) dando un saggio dell'abilità delle maestranze novaresi. L'impresa costituisce un unicum nella storia dell'architettura mondiale, e rappresenta una delle strutture murarie più ardite mai concepite. L'opera, esclusi gli arconi, pesa 5.572 tonnellate.

Negli anni successivi la chiesa cominciò a dare segni di un cedimento strutturale, peraltro già ravvisabile durante le prime fasi della costruzione. A partire dal 1881 l'Antonelli si dedicò quindi al consolidamento dei quattro piloni portanti alla base della cupola e all'ampliamento delle fondazioni. I lavori ebbero termine agli inizi del 1887, anno in cui il vescovo potrà celebrarne la conclusione durante la festività patronale. Le operazioni di consolidamento di volte e sottofondazione proseguiranno comunque fino all'anno successivo. La cupola, inno alla verticalità, divenne vanto e orgoglio dei novaresi che la elessero idealmente simbolo stesso della città, come lo è ancora oggi.

Nel corso degli anni si è temuto un crollo della cupola e un grande allarme nel 1937 provocò la chiusura del monumento per quasi 10 anni. In questo periodo furono eseguite delle opere di consolidamento in cemento armato ad opera dell'architetto Arturo Danusso. La genialità di Alessandro Antonelli fu quella di aver progettato il suo edificio scomponendolo in una serie di tanti cerchi concentrici che si innalzano sempre più piccoli, scaricando man mano il peso sulla struttura portante. In caso di cedimento strutturale la cupola collasserebbe su sé stessa e non sugli edifici circostanti. In anni recenti una serie di sofisticati sistemi d'allarme sono stati installati all'interno della costruzione per monitorare eventuali pericoli di cedimenti, crepe od oscillazioni. Per la costruzione l'Antonelli decise di utilizzare solo materiali locali per legarla al suo luogo di appartenenza; la struttura è interamente in mattoni e calce, senza impiego di ferro, e pertanto rappresenta uno degli edifici in muratura più alti del mondo. Tale primato, che fu per lungo tempo della Mole antonelliana di Torino, passò alla Philadelphia City Hall quando, nel 1953, la guglia di 47 metri della Mole crollò e fu ricostruita con un rinforzo in travi di acciaio. Peculiarità della cupola è quella di essere visibile perpendicolarmente da tutte principali arterie stradali che conducono verso il centro città.

La statua del Salvatore

La realizzazione della statua, che non rappresenta San Gaudenzio ma il Salvatore, fu possibile grazie a una sottoscrizione aperta nel marzo 1877 dal giornale La Verità. L’idea fu del fabbro ferraio Antonio Conti con officina sul corso di porta Milano. Alta quasi 5 metri e realizzata in bronzo coperto di lamine d’oro, fu eseguita, si dice su disegno dello stesso Antonelli, dallo scultore Pietro Zucchi che la consegnò nel marzo 1878 a Giosuè Argenti perché ne facesse il modello. La statua fu collocata sulla vetta della Cupola il 16 maggio 1878, alla presenza dell'architetto Antonelli. Contando anche la statua l'altezza totale dell'edificio raggiunge i 126 metri.
La statua del Salvatore rimase in vetta alla Cupola per oltre 50 anni. Nel 1930 il degrado della copertura consigliò di portarla giù e farla restaurare, quindi nel 1932 fu ricollocata alla sommità della cupola. La mostra organizzata nel 2014 ha riproposto le immagini di quella prima discesa della statua e le operazioni di restauro.

Le discese e risalite recenti ...

Sono passati 50 anni dall'ultima doratura della statua simbolo di Novara, siamo nel 1982 e l'impresa Montipò gratuitamente offre i ponteggi e procede ad una oculata e spericolata manovra di discesa al suolo del Salvatore, al fine di consegnarla agli esperti che dovranno poi procedere ad una ridoratura. La Banca Popolare di Novara fornirà la materia prima per la ricopertura con il nobile metallo. Un fotografo dilettante si intrufolò fra gli addetti ai lavori e scattò qualche diapositiva. Era Enrico Camaschella.
La statua del Cristo Redentore tornò in cima alla Cupola di San Gaudenzio nel settembre 1983. Per festeggiare l'avvenimento fu organizzato un improvvido spettacolo di fuochi artificiali direttamente piazzati sulla cupola ai vari balconi.

Dopo breve tempo, sarà stata colpa delle piogge, saranno stati i fumi provocati dallo spettacolo pirotecnico, molti pensatono ad una cattiva procedura di ricopertura in oro della statua, ma tutti incominciarono a vedere scomparire la brillantezza della statua che di nuovo fu portata giù. Nel periodo compreso tra il 1983 e il 1985 si tentò una nuova doratura. Le operazioni evidenziarono la necessità di un intervento radicale atto al consolidamento della struttura del monumento. L'originale alla fine fu portato nel 1985 nel transetto sinistro e posto presso il grande pilastro d'angolo dove ancora oggi riposa. Nel frattempo si pensò di realizzare una copia fedele all'originale, ma molto più leggera, in vetroresina dorata.

La collocazione della copia del Salvatore in vetroresina sulla Cupola

Senza il Salvatore, la Cupola fu racchiusa in un grande ponteggio per poter revisionare l'intera costruzione e rimase tale fino al 1993 quando, dopo molte titubanze e silenzi dell'amministrazione comunale, furono smontati i ponteggi e la cupola divenne nuovamente visibile e rinnovata in alcune parti, tanto che "La Stampa" scrisse che la cupola era a colori. Nel frattempo la ditta Solazzini di Firenze eseguì la copia in vetroresina. Tolto gran parte del ponteggio, si pensò di riportare la statua nuova sulla guglia usando l'elicottero.

Ai primi di luglio 1994 il Vescovo benedì la statua in vetroresina e il simbolo di Novara tornò a casa sua alle ore 11,36 del 6 luglio 1994, dopo 6 tentativi effettuati dall'elicottero della Elimax, uno scoiattolo AS350B1 pilotato da Danilo Lauti. La sua assenza era durata 3191 giorni, ovvero 8 anni 8 mesi e 26 giorni. Anche in quella occasione le diapositive furono scattate da Enrico Camaschella.

A metà luglio furono tolti i rimanenti ponteggi ancora presenti attorno alla guglia e la statua fu vista nel suo splendore dai novaresi. Nel 1996 ci si accorse che lo stendardo tenuto nella mano dal Salvatore era pericolante e fu tolto. Contemporaneamente, tra il 1996 e il 1998 è stato fatto un check-up alla Cupola con tecnologie NASA, è stato dato il via al progetto di studio e salvaguardia della Basilica e della Cupola, impiegando anche i geologi nel monitoraggio delle fondamenta e dello strato permeabile di loess, sabbia di origine eolica, tra gli strati di argilla depositati durante gli ultimi periodi interglaciali. Alla fine del 1999, due esperte guide alpine trentine, abilitate ai lavori in situazioni pericolose, ricollocarono lo stendardo nelle mani del Salvatore. Sono occorsi ben 3 anni e 7 mesi per la semplice rimessa in loco dello stendardo!

Vecchie e nuove immagini della Cupola e della sua struttura

Salendo attraverso il campanile, tramite le antiche scale o con un moderno ascensore, è possibile accedere, dal 26 gennaio 2013, al sottotetto dell'abside della chiesa e quindi alla "Sala del Compasso", dove è conservato l'antico compasso, lungo 11 metri, usato dall'Antonelli per disegnare in scala 1:1 le volte che sorreggono la cupola. La sala è stata recentemente restaurata ed aperta al pubblico; essa rappresenta il primo tassello di un percorso museale della basilica che si concluderà con la salita alla cupola che, parzialmente, dal 2013 è già possibile.



Nella chiesa di San Gaudenzio è conservata la sedia vescovile in marmo bianco, chiamata in dialetto cadrega di San Gaudenzio o cattedra vescovile da cui il termine di Cattedrale, chiesa madre della Diocesi. In principio la cattedra, simbolo del potere vescovile, era conservata in Duomo ma successivamente fu trasportata in San Gaudenzio ed ecco perchè ancora oggi, quando arriva a Novara il nuovo Vescovo, l'ingresso avviene nella chiesa del Santo, e sedendosi sulla cadrega, il Vescovo prende possesso del seggio vescovile. Solo dopo si recherà in Duomo.

Secondo la tradizione, il primo vescovo di Novara fu Gaudenzio. L'elenco (cronotassi) dei vescovi dei primi anni dell'evangelizzazione del territorio di Novara è scritto nelle valve interne di due dittici imperiali, appartenenti alla due collegiate cittadine: il Dittico del Duomo (manufatto del sec. V) con l'elenco composto nel sec. XII ed il Dittico di S. Gaudenzio (manufatto del sec. VI) con l'elenco del sec. XI. Si tratta di un caso unico in Piemonte. Due elenchi, pur essendo scritti in età medievale, rispecchiano un ordine tradizionale mantenuto nella memoria della comunità e presentano minime differenze, consentendo di ricostruire con molta probabilità l'intera lista episcopale della diocesi.
Nell'antichità il dittico era formato da una coppia di tavolette, di legno o d'avorio, ripiegabili l'una sull'altra mediante una cerniera, incerate all'interno per potervi scrivere. Nella tarda età imperiale romana i dittici, soprattutto d’avorio, recavano incisi i nomi e i ritratti degli alti magistrati ed erano usati a scopo commemorativo.



Nella Cappella del SS. Sacramento troviamo, alle pareti destra e sinistra, otto quadri su tela grezza, detti "teleri", di 268 x 150 cm., rappresentanti scene della Vita di San Gaudenzio, opera di Giovan Mauro Della Rovere detto il Fiammenghino. In ordine: San Gaudenzio prete giunge da Ivrea a Novara; San Gaudenzio spegne l'incendio della Città; L'incontro di Sant'Ambrogio con San Gaudenzio (avvenuto intorno all’anno 396); Le guarigioni operate con l'acqua delle abluzioni; L'invio del clero nella diocesi e la costruzione di nuove chiese; La morte di San Gaudenzio; Il miracolo della crescita delle unghie e della barba; L'ossessa liberata dal demonio.
Sulla parete di fondo, a sinistra dell'altare, San Gaudenzio in adorazione dell'Eucarestia con le Sante Liberata e Lucia, olio su tela di Carlo Cane. Interessante notare, sul volto di San Gaudenzio, le sembianze del vescovo Carlo Bascapè.

Cappella dello Scurolo

A sinistra dell'altare del transetto destro, una scaletta conduce all'ottagonale cappella del Santo, accessibile solo durante la festa patronale, con porte in acciaio e bronzo ed un ricco rivestimento di marmi preziosi con decorazioni in bronzo, realizzata dall'architetto ticinese Francesco Castelli tra il 1674-1711. All'interno si trova un altare riccamente decorato con rilievi bronzei in campo di lapislazzuli sul quale è posta la grande urna ottagonale in argento e cristallo contenente il corpo di San Gaudenzio, opera anch'essa del Castelli. In quattro nicchie, statue dei Santi Adalgiso, Agabio, Lorenzo e Giulio dello scultore Carlo Beretta; nella volta sopra l'altare è affrescato il "Trionfo di San Gaudenzio", capolavoro di Stefano Legnani.

Qui sopra la cerimonia dell'apertura dello Scurolo il 21 gennaio 2016.

Sospeso al centro della navata si trova un enorme lampadario con fiori in ferro battuto a ricordo dell'incontro tra Gaudenzio, vescovo di Novara e Ambrogio, vescovo di Milano. Il 22 gennaio di ogni anno, in occasione della festa patronale dedicata al santo, viene rievocata la cosiddetta "cerimonia del fiore" durante la quale il lampadario viene calato e avviene la ricollocazione dei fiori in ferro portati in processione dal corteo civico che parte dal Palazzo di Città.
Sotto, alcune raffigurazioni di San Gaudenzio.

Duomo

dal Duomo romanico al Duomo antonelliano; l'antico Battistero

Il Duomo di Novara è denominato Cattedrale di Santa Maria Assunta. Una prima basilica cristiana dedicata a Santa Maria venne costruita tra il 350 e il 400 dove, in precedenza, si trovava un tempio pagano di Giove. Nei secoli successivi la chiesa venne più volte rimaneggiata ed ampliata. Tra l'XI e il XII secolo, la cattedrale primitiva venne demolita e ne fu costruita una nuova, in stile romanico; la consacrazione avvenne il giorno 17 aprile 1132, da parte di papa Innocenzo II. La nuova chiesa era a croce latina, con tre navate e matronei. La facciata, preceduta da un quadriportico, era affiancata da due torri scalari che univano le navate ai matronei. La crociera era coperta da un tiburio ottagonale e l'altare maggiore, costituito da una mensa sorretta da colonnine, era sormontato da un ciborio.
La pavimentazione originale era a formelle quadrate, esagonali o triangolari di marmi bianchi e grigio-scuri, mentre la decorazione delle pareti interne era interamente in mosaico a soggetto floreale. Alle pareti vi era una serie di affreschi, alcuni dei quali, risalenti al X secolo, sono stati riportati alla luce nel XXI secolo: essi illustrano le scene dell'Apocalisse, di autore ignoto; del XV secolo risale, invece, il grandioso affresco raffigurante il Giudizio universale.
A partire dal XV secolo, la chiesa fu oggetto di importanti restauri, ultimo dei quali nel XVIII secolo, su progetto di Benedetto Alfieri, durante il quale la cattedrale venne restaurata in stile barocco, mantenendo le sue strutture originarie. Tuttavia i lavori furono fermati nel 1792 e ripresero nel 1831 su progetto del Melchiori, che realizzò il nuovo coro, il cui altare, consacrato nel 1836 ma terminato più tardi, venne progettato da Alessandro Antonelli.
A quest'ultimo, nel 1854, venne richiesto un progetto per la ricostruzione del quadriportico, ma l'Antonelli ne presentò uno che prevedeva anche la ricostruzione dell'intera cattedrale, che venne approvato l'anno successivo. Nel 1857 venne demolito il quadriportico ed in seguito ricostruito, mentre a partire nel 1865 vennero demolite le navate e la cupola della cattedrale romanica. La costruzione delle nuove navate terminò nel 1869 e, il 2 ottobre dello stesso anno, la cattedrale venne consacrata.

Pregevole, anche se mal conservato, è il ciclo di affreschi dedicato alle Storie di San Siro, presente nell’omonima cappella denominata anche "vecchia sacrestia".

L’interno del duomo è diviso in tre navate da colonne in stucco in finto marmo.Nella navata di sinistra si trovano le cappelle di San Giuseppe con la tela di Carlo Francesco Nuvolone raffigurante l’Adorazione dei Magi, la Cappella detta di San Gaetano, che conserva la tavola cinquecentesca di Sperindio Cagnoli raffigurante l’Ultima Cena e il prezioso busto reliquiario di San Bernardo da Mentone, la Cappella della Madonna delle Grazie e la Cappella di S. Agabio, che conserva le spoglie mortali del santo novarese. Il presbiterio conserva in parte il pavimento dell’antico duomo paleocristiano a tessere bianche e nere databile al 1132 ca. con la raffigurazione al centro della tentazione di Adamo ed Eva e dei quattro fiumi del Paradiso. Nella cappella di testa della navata di destra l’altare di San Lorenzo Martire. Seguono poi la Cappella di San Benedetto con al pala del 1575 di Bernardino Lanino, la Cappella di Santa Caterina d’Alessandria con la tavola di Gaudenzio Ferrari con il Matrimonio mistico di S. Caterina e la Cappella della Madonna del Riscatto del 1728 con il gruppo scultoreo di Giuseppe Rusnati.

Tra le colonne del Duomo e sulla parete di fondo sono stati collocati dei "teleri" che riproducono i riquadri del grande dipinto di Gaudenzio Ferrari del 1513 presente nella chiesa di Santa Maria delle Grazie di Varallo Sesia. Essi raccontano la Vita e la Passione di Cristo attraverso varie scene: diciotto (dei venti riquadri originali) illustrano le vicende del racconto evangelico, dalla Annunciazione alla Resurrezione di Cristo. Una scena, di dimensione maggiore, posta sulla parete di fondo, rappresenta la Crocifissione di Cristo.

Di fronte alla chiesa, dall'altro lato del sagrato, sorge il Battistero paleocristiano, risalente al IV-V secolo, considerato il più antico monumento della città ed una delle più antiche architetture paleocristiane del Piemonte. L'edificio è a pianta ottagonale con absidi alternatamente rettangolari e semicircolari. Al centro vi sono i resti della primitiva fonte battesimale.
La grande rappresentazione del Giudizio Universale è opera quattrocentesca di Giovanni de Campo, artista di gusto tardo gotico operante nel novarese. Vi si osserva la figura del Cristo giudicante, posto in una mandorla di luce e circondato da presenze angeliche; più sotto i dodici apostoli che tengono in mano i cartigli del Credo, ed infine, separate tra loro, le schiere dei beati e quelle dei dannati. Molto più antichi gli altri affreschi romanici realizzati nel primo quarto dell'XI secolo. Il ciclo di affreschi si dispone in tre zone distinte, delle quali solo quella mediana si presenta oggi in forma leggibile. Si tratta di otto scene racchiuse da fasce decorative a forma di meandro, che raffigurano scene dell'Apocalisse.