Epernay

17 agosto 2019
Foto di Livio G. Rossetti

Epernay, piccola cittadina considerata la capitale del vino Champagne. Qui hanno sede i principali brand e maison, ma anche il Comité Champagne, il consorzio di tutela che riunisce i produttori. C’è una strada che bisognerebbe percorrere a Epernay, e si chiama Avenue de Champagne. Un elegante viale di circa nove chilometri che, nel suo tratto iniziale (circa 1 km), è la sede di alcune grandi cantine. Questa strada, dove ha sede sia il Municipio di Epernay sia il Museo dello Champagne, è considerata la via più ricca del mondo. Il suo nome risale al 1925. Qui, partendo dalla Place de la République, si incontrano nomi del calibro di Pol Roger, Moet & Chandon, Perrier-Jouet, Maison de Venoge, Boizel, Mercier, Collard-Picard. Visitare le cantine scavate nel gesso, per l’affinamento e la conservazione dei vini è quasi obbligatorio a Epernay perchè ci sono oltre cento chilometri di gallerie sotterranee che in parte risalgono al lontano periodo gallo-romano, in parte sono state scavate nei secoli successivi.

L'arrivo in zona è sotto la pioggia; non visitiamo la cittadina e andiamo subito alle cantine della casa "Mercier". Vediamo uno strano filmato e poi in ascensore scendiamo di trenta metri per salire su un trenino che ci porterà nelle cantine della casa. Il giro è per me nello stesso tempo interessante per l'ambiente, ma deludente per aver visto e fotografato poche centinaia di bottiglie, senza aver visto i depositi più significativi celati in gallerie chiuse da cancellate o, forse, inesistenti? Perchè non le hanno mostrate?
Champagne è vino ma è prima di tutto un territorio, un’area vasta che conta 320 Comuni, in cui si coltivano oltre 34 mila ettari di viti che si alternano a bosco, colture di cereali, ortaggi, numerosi allevamenti di bovini da latte. La filiera, formata da viticoltori e cantine, si propone di tutelare la denominazione, i cui confini sono stati stabiliti da una legge del 1927. Per lo champagne si utilizzano tre principali vitigni, due sono a bacca rossa, il Pinot nero e il Pinot Meunier, mentre solo uno, lo Chardonnay, è a bacca bianca.

Gesso, calcare, marna, argilla e sabbia sono gli elementi prevalenti nel sottosuolo. Le viti crescono in un ambiente molto diversificato, a tratti unico. Cinque i dipartimenti in cui l’uva viene coltivata su colline dolci tra i 100 e i 300 metri di altitudine. Un territorio geologicamente molto antico, che 300 milioni di anni fa era sul fondo del mare sottoforma di depositi di sedimenti portati dai fiumi. Il gesso bianco affiorante, composto da granelli di calcite costituiti dagli scheletri di microorganismi marini e di molluschi fossili, è dominante in superficie e sottoterra nelle caverne. Grazie a questa tipologia di suolo, le piante subiscono uno stress idrico che, tuttavia, favorisce l’equilibrio tra i vari acidi delle uve, gli zuccheri e i precursori degli aromi.
Nel gesso le radici delle viti sono costrette a penetrare a fondo il terreno per trovare l’acqua necessaria. Il risultato è che le piante si nutrono di sostanze minerali che arricchiscono le uve e che si ritrovano nei profumi e nei gusti del vino. Ma lo Champagne non è soltanto clima e sottosuolo. Il metodo di produzione dello Champagne è unico, tutelato, regolato da precise fasi produttive. Raccolta manuale, pressatura, suddivisione delle cuvée, fermentazioni controllate, assemblaggio, maturazione sui lieviti e affinamento in cantine sotterranee di grande fascino. Oggi lo Champagne è una realtà da 300 milioni di bottiglie, con trentamila occupati, 120 mila addetti impiegati durante il periodo della vendemmia.

Terminata la visita a Epernay ci apprestiamo al ritorno in Italia e alle nostre rispettive sedi di residenza

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