DOPING E COMUNITA' EUROPEA

Il Doping è un argomento di attualità per atleti, istituzioni sportive e Governi; a livello internazionale si è dibattuto nel tempo e si continua a ricercare delle vie percorribili per poter far fronte alla continua evoluzione del problema.

Il Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa in più occasioni ha cercato di essere presente e attivo. Le tappe riscontrabili sono numerose e identificabili nel tempo:

il 29 giugno 1967 una "RISOLUZIONE" sul Doping degli Atleti suggeriva ai Governi una repressione basata su normative che prevedessero per i responsabili delle sanzioni;

il 7 marzo 1970 una successiva "RISOLUZIONE" affrontava il problema anche da un punto di vista educativo, analizzando l'opportunità di una prevenzione sanitaria mediante un'informazione capillare sui danni che il doping poteva causare all'organismo dell'atleta;

il 24 settembre 1976 una ulteriore "RISOLUZIONE" poneva in discussione l'opportunità di uno sport patrimonio di tutti, lontano da strumentalizzazioni commerciali e quindi invitava ad adottare misure che permettessero di salvaguardarlo da pratiche illecite;

il 20 settembre 1979 una "RACCOMANDAZIONE" particolarmente articolata invitava i rappresentanti degli Stati Membri a sollecitare presso i propri Governi azioni che:

a) consentissero di istituire laboratori, enti, ecc. per la ricerca relativa alle sostanze stupefacenti;

b) incrementino campagne educative finalizzate alla conoscenza dei rischi sull'organismo derivanti dalle pratiche dopanti;

c) permettano l'istituzione di Commissioni Nazionali Anti-doping

il 25 settembre 1984 una successiva "RACCOMANDAZIONE" intitolata "CARTA EUROPEA CONTRO IL DOPING NELLO SPORT" prendeva diretta coscienza della tematica "Doping" e poneva basi concrete di impegno per gli "Stati Membri" invitandoli a:

reprimere a livello nazionale ed internazionale la commercializzazione di farmaci illeciti;

incrementare programmi educativo-sanitari sui danni derivanti dall'uso di sostanze dopanti;

inasprire su atleti, associazioni sportive, ecc. le misure antidoping;

il 16 novembre 1989 a Strasburgo i rappresentanti degli Stati membri del Consiglio d'Europa firmavano la "CONVENZIONE EUROPEA CONTRO IL DOPING NELLO SPORT" la cui struttura portante identifica i seguenti punti di azione:

identificazione di tabelle relative agli elenchi di sostanze dopanti

determinazione dei soggetti a rischio di doping

collaborazione mediante un coordinamento fra le autorità preposte alla lotta al doping

intensificazione di piani educativi ed informativi della popolazione sui danni derivanti dall'uso di sostanze dopanti

potenziamento di laboratori di ricerca mediante strumenti di analisi idonei all'evolversi della scienza in ambito dopante

rafforzamento della collaborazione fra gli Stati firmatari della Convenzione

identificazione di un Gruppo di Vigilanza composto dai rappresentanti degli Stati sottoscrittori, con il compito di aggiornare annualmente l'elenco delle sostanze ritenute illecite.

Con questo documento si ha una presa di posizione ufficiale del Consiglio d'Europa nei confronti del Doping; la "CONVENZIONE" dal punto di vista giuridico, infatti, obbliga gli Stati che procedano alla sua ratifica a porre in atto tutte le misure per attivare i dettati in essa contenuti.

Con l'elaborazione e l'approvazione di questo documento si è registrato un notevole progresso, gli atti precedenti, infatti, per la tipologia della loro struttura, non avevano il presupposto di obbligarietà ed il problema "doping", pur essendo plateale, rischiava di sfuggire al controllo sistematico.

Lo Stato Italiano, da sempre in prima linea nella lotta al doping, si è uniformato ai principi di diritto internazionale con la ratifica della "Convenzione contro il doping" di Strasburgo, mediante la L. 29.11.1995 n.522 ed ha attivato i dovuti aggiustamenti in relazione ai dettati della Convenzione stessa anche se nell'ordinamento sportivo italiano esistevano già da tempo strutture identificate dal CONI con compiti di ricerca e repressione di casi di doping.