I Cantoni di Veveri

Il Palio di San Maiolo, i quattro Cantoni e la loro origine

autore: Livio G. Rossetti

Nel 1994, festeggiando il Millenario della morte di San Maiolo, si organizzò per la prima volta il Palio in onore del nostro Santo, ideando un grande corteo di veveresi nei costumi medievali appositamente disegnati da Mariateresa Gallina e realizzati da mani esperte locali; i costumi non dovevano essere tutti dello stesso colore. Ed ecco l'idea dei quattro Cantoni.

1994 - primo Palio di San Maiolo

La divisione del nostro quartiere in cantoni non ha una origine storica, ma è una invenzione delle brillanti menti del Comitato organizzatore. Vediamo di trovare la spiegazione logica, ma anche geografica e storica di quella scelta partendo dal termine "cantone". I veveresi sanno cosa vuol dire i són andai al cantón. Nella zona tra la fine della Via Vignale e l'incrocio con la Strada delle Rosette da tempo esisteva la Cascina Cantone che dava il nome a tutto il complesso di cascine e case coloniche che furono edificate in tempi passati presso la Fontana Sciocca; la cascina Cantone non esiste più, sostituita prima da locali ad uso industriale e recentemente dalla grande struttura denominata Nuova Assistenza, ma il nome che indica quella zona di Veveri viene ancora usato. Così fu preso in prestito quel nome "cantone" per dividere in quattro parti Veveri. Il cuore di questa divisione, che segue le vie principali del quartiere, si basa, anche cartograficamente, sui vecchi cortili da sempre presenti e sulle antiche cascine.

Il Canton dei Nobili, colore rosso, ha come centro le due parti della Corte Grande, tra via Rossetti e la Roggia Mora, e il complesso formato da cascine, allora presenti, tra la Piazza Martiri e l'attuale via Lavizzari. Scendendo dalla piazza, sul lato destro, erano allineate diverse costruzioni agricole in gran parte sostituite da abitazioni civili. Solo nella cascina Buslacchi, al civico 6, si conserva il vecchio porticato con stalla e con sovrastante fienile che però hanno cambiato uso. Scomparsa la "Cassina con Torre" di proprietà della marchesa Matilda Nazara Visconti, documentata nella mappa teresiana del 1723 e passata di proprietà a Gramone Giuseppe nel 1771, poi ai Buslacchi: era formata da quattro corsi con altezze diverse, con un cassero in mattoni e tetti in coppi, e una stalla, demoliti nei primi anni Cinquanta per far posto ad uno stabile lungo via Vignale e un condominio sul sito della stalla. A Veveri era conosciuta come il culumbarón. Scomparsa la cascina di Francesco Buslacchi che aveva sulla facciata una meridiana con fondo azzurro. Qui i proprietari erano signori assai ricchi, come don Carlo Porta, che possedeva il complesso che diventerà successivamente la trattoria del Teresio Stara, l'oratorio provvisorio in attesa della costruzione del nuovo edificio e che è oggi il piazzale davanti alla chiesa, la marchesa Matilda Nazara Visconti che possedeva con il marito altre proprietà e i Buslacchi.

Il Canton dell'Acqua, colore azzurro, ha il suo centro nella Cassina Fizzotti, uno stretto e lungo cortile, dai vecchi denominato la curt dal prét in quanto da secoli esisteva la canonica dei cappellani e dei primi tre parroci di Veveri; l'accesso conserva grandi travi di legno a vista che sorreggono l'abitazione posta sopra il passo carraio, e il cortile interno si trova ad un livello più basso dell'attuale via Verbano che nei tempi passati era chiamata strada Colubrìna; le abitazioni sono in gran parte addossate alla cappella, poi chiesa, dedicata a San Gaudenzio e che, verso il 1300, verrà dedicata anche a San Maiolo. In questo settore orientale del paese si svilupperà poi un cortile denominato Malvirà posto a nord dell'oratorio e dei terreni della vecchia chiesa, dove sarà poi costruito il "Vecchio Sempione" che i veveresi hanno da sempre denominato la Biunda, che era la moglie del César, il proprietario del locale. Queste e le successive costruzioni hanno due confini netti: la Statale 32 del Sempione e il canale Diramatore Quintino Sella, costruito tra il 1870 e il 1874, che ha la sua presa dal Canale Cavour accanto ad una vecchia centrale idroelettrica. Porta il nome di un insuperato Ministro delle Finanze che lo ideò, un biellese che però viveva in quella che allora era la grande provincia di Novara, tanto che nell'agosto del 1873, quando cadde il governo Lanza di cui Sella era il ministro delle Finanze, venne eletto presidente del consiglio provinciale di Novara, carica che tenne fino alla sua morte del 14 marzo 1884.
A breve distanza vi sono altri due corsi d'acqua, il Cavetto di Veveri e poco dopo il torrente Terdoppio. Sella, Cavetto e Terdoppio incontrano una roggia che taglia in due Veveri con direzione Ovest-Est. È la Roggia Mora, fatta scavare tra il 1487 e il 1488 da Ludovico Sforza, detto il Moro, prelevando acqua dalla Sesia e sfruttando rogge già esistenti, per irrigare le sue tenute presso Vigevano, intercettando le acque dello Strona, dell'Agogna e del Terdoppio, gettandosi poi nel Ticino. Il Canton dell'Acqua prosegue sulla sponda destra della Mora attraverso gli edifici che a lungo vedranno la presenza di alcuni locali dedicati alla vendita di generi alimentari, primo tra tutti del pane (negozio dei Manica e, oltre, quello dei Pescio). Il Cantone ha poi un limite costituito dalla Fontana di Veveri che, partendo quasi al centro della piazza, ha un percorso verso sud sino alla costruzione che ospita l'ufficio postale (ex scuole elementari di Veveri), passa sotto la via Verbano presso il monumento dei caduti e, mediante un sifone, oltrepassa l'ostacolo proprio del canale Sella, dirigendosi poi verso sud dove si congiunge con altre rogge.

Il Canton dei Prati, colore verde, partendo dalla piazza, sia in Via Vignale, sia lungo la Via Verbano fino all'Autostrada, ha vecchie e storiche zone di Veveri in cui si ammassano, una appiccicata all'altra, piccole costruzioni dove abitavano le persone dedite al lavoro nei campi sotto padrone, i salariati e gli stagionali, ma anche le prime e vecchie scuole della frazione.
Partendo dalla piazza, lungo il lato sinistro della Via Vignale, si incontra il piccolo cortile Fizzotti, poi un grande e articolato cortile denominato la curt di spagnö che con il proprio toponimo indica una origine antica, risalente all'epoca spagnola (il dominio spagnolo su Novara dura all'incirca dal 1535 fino al 1706), un vasto cortile dove non abitava nessun proprietario terriero e non vi erano cascine vere e proprie, solo povere abitazioni, piccole stalle, chiamate stalín, casseri e stabioli dove si allevava un maiale o poche galline. Queste abitazioni vengono censite solo negli anni più vicini a noi come riportano le catastali di fine Ottocento, come la Rabbini, e poi inizio Novecento, la catastale del 1936. Proseguendo lungo la Via Vignale, a sinistra, si apre una breve strada, allora chiamata cróta, che permette di accedere alla Cassina Tacchina o cortile Brolo. Questo nome di origine celtica significa orto, verziere, zona recintata e piantata e richiama la vasta superficie da sempre dedicata agli orti, con le strisce di terreno, una accanto all'altra, a sud del cortile, in pieno sole. Da quel nome di origine celtica, poi latinizzata in brolus, ne deriva l'espressione dialettale la curt dal bröl.
Lungo il lato destro della Via Verbano, nella prima parte si trovavano poche costruzioni civili e alcuni esercizi pubblici, quali un'osteria e le vecchie scuole elementari, dalla prima alla quarta, mentre la quinta era a Sant'Andrea, in Via delle Rosette, dove oggi vi è la Thouar. Poi poche altre abitazioni, mentre oggi occupano tutto il fronte stradale fino all'Autostrada Milano-Torino, mentre si sono sviluppate le villette e i piccoli condomini soprattutto sul lato sinistro della via Russi, in quanto il lato destro è stato a lungo occupato da una azienda cge si occupava della asfaltatura delle strade

Verso i campi coltivati, soprattutto a riso o a mais, si trovano le antiche cascine, alcune allineate lungo il percorso della Roggia Mora, altre lungo la Via Vignale. Questo è il Canton dei Campi, colore viola. In questo cantone sono ubicate dalla fine degli anni 'Trenta le scuole elementari e la scuola materna di Veveri e tre grandi complessi abitativi formati da condomini e singole villette di recente costruzione, un quarto sulla sponda destra della Fontana Sciocca.
La maggiore cascina, ora scomparsa, era la grande "Cassina Gorla", la curtis citata nei documenti medievali, conosciuta anche come Cassina dal Signurín, alla confluenza della via Vignale e della via Roggia Mora. Modificata sensibilmente e trasformata in abitazione civile la vecchia cassina dei Burlone (Bürlón), subito dopo, a destra, del sottopasso di via Roggia Mora. Proseguendo, tra la via Vignale e il corso della Roggia Mora, si trovava, e parzialmente si conserva, la cascina Porta, accanto alla cascina S. Caterina. Apparteneva, agli inizi del Settecento, a Giuseppe, Antonio e Gaudenzio Della Porta. Tra questa e la cascina dei Burlone, si trovava la cascina di don Carlo Porta che possedeva altre costruzioni in paese. Lungo il muro esterno che costeggia via Vignale si conserva ancora una nicchia con un affresco ottocentesco raffigurante la Madonna, recentemente restaurato e ridipinto. Sempre proseguendo lungo la via Vignale si incontra la cascina Santa Caterina, una corte con tre corpi e un cassero che nel Catasto Teresiano del 1723 viene indicata come proprietà dei Padri di S. Quirico e nell'Ottocento in parte diverrà cascina Ramelli. In documenti risalenti al 1658, conservati nell'Archivio vescovile, viene descritta la cappella annessa al Monastero delle Domenicane di S. Caterina. Questo monastero era sito là dove oggi vi è la cascina Roggia, in via Vignale, sulla sinistra della precedente, e sui muri esterni rivolti a nord si intuiscono ancora oggi gli affreschi del Cinquecento. Dopo aver lasciato la cascina Roggia, proseguendo lungo via Vignale, si incontra, sulla destra, la grande cascina Campana, poco prima dell'incrocio tra la via Vignale e la Strada delle Rosette, già strada vecchia per Borgomanero, che ha conservato il guado attraverso la Roggia Mora, ancora praticato da alcune persone. La cascina Campana è documentata nella mappa teresiana del 1723 come una "cassina con corte da massaro"; proprietario era il marchese Nazaro Ottaviano ed aveva la sua residenza la marchesa Matilda Visconti Nazaro la quale possedeva anche una cassina con forno e la famosa cassina con torre al culumbarón. Lungo la Strada delle Rosette, già agli inizi del Seicento, vi era la cascina Cantone che ha dato il nome a tutta la zona. Era allora chiamata Cassina del Tavola ed era di proprietà dei Panazza, Gioanelli, Conti e Cama; ora è una grande struttura socio sanitaria. All'inizio del Settecento il 38% delle cascine erano di proprietà nobiliare e il 23% era di proprietà della Chiesa. Nel 1895 erano censite 68 proprietà immobiliari diverse, poche in mano a nobiltà e clero ed emergevano come proprietari nomi come Tacchini, Burlone, Buslacchi, Fizzotti, Gramone e Cama.