Alba, le sue torri, le sue chiese e la Fiera del tartufo

Foto di Livio G. Rossetti
24 ottobre 2021

Domenica 24 ottobre: Tricky Tour organizza una gita giornaliera ad Alba, una città ricca di cultura, storia e tradizioni; visiteremo il suo centro storico medievale in occasione della manifestazione internazionale, la novantunesima edizione della Fiera del tartufo bianco, nello scenario naturale delle Langhe, di cui Alba è la capitale storica ed economica. Pur essendo una città di non grandi dimensioni per popolazione, conta poco più di 31 mila abitanti, Alba, in provincia di Cuneo, è famosa anche per le sue industrie, tra cui la Ferrero, una delle più importanti aziende dolciarie al Mondo, la Miroglio, leader nel settore tessile e proprietaria di diversi marchi d'abbigliamento; ha inoltre sede la banca di credito cooperativo più grande d'Italia per numero di soci, la Banca d'Alba, la catena di distribuzione alimentare Eataly e qui è stata fondata la UniEuro, catena di negozi specializzati in prodotti di informatica, telefonia ed elettrodomestici.

Alba è ubicata, per gran parte, lungo il fiume Tànaro, ed è circondata dal piccolo torrente Cherasca e dalle colline, ricche di vigneti, delle Langhe e del Roero.
Questo territorio era abitato quasi certamente già nel neolitico da una popolazione stanziale di origine ligure che viveva di caccia ed iniziava a seminare e raccogliere granaglie, abitava in capanne di forma circolare, in un villaggio sulla sponda sinistra del torrente Cherasca, vicino alla confluenza con il fiume Tànaro. Nei secoli successivi queste popolazioni conobbero l'uso del ferro e del bronzo e vennero indicate con la denominazione di Liguri Stazielli, un gruppo di origine celtica assimilato successivamente dai galli quando invasero questa zona, circa 2.500 anni fa.

Le origini dell'attuale centro storico di Alba sono certamente, quindi, pre-romane, ad opera di queste popolazioni liguro-celtiche che diedero anche origine al suo nome: infatti il toponimo, cioè il nome del luogo, è tipico della civiltà ligure, lo potremmo tradurre in "città bianca", significando anche il villaggio principale di una tribù.
Molti anni dopo giunse l'occupazione romana e, con l'editto del console Gneo Pompeo Strabone, venne denominata Alba Pompeia; come municipium romano fu inserita nella Regio IX Liguria.
Numerosi sono i ritrovamenti romani, in gran parte raccolti nel Museo Federico Eusebio che visiterò, e che dimostrano che nei primi 2 secoli dell'impero Alba costituì, con Pollenzo e Bene Vagienna, un triangolo strategico di controllo del territorio e commerciale, creando strutture urbane tra cui l'acquedotto, per convogliare le acque in città, la rete fognaria per scaricare i reflui nel fiume Tanaro, un tempio e un grande Forum, quasi certamente più ampio dell'attuale piazza del duomo, Piazza Risorgimento.

L'agricoltura e l'allevamento del bestiame erano certamente le principali attività della popolazione di Alba Pompeia, ma vi erano numerosi artigiani che lavoravano la lana, i metalli e il legname, soprattutto si ha documentazione dell'inizio della viticoltura che nei secoli diverrà una importante attività di tutto il territorio. In quell'epoca, tra la fine della Repubblica e l'inizio dell'Impero, la città era cinta da una cerchia muraria ottagonale, così particolare perchè si adattava alla configurazione del luogo, leggermente rialzato e circondato dai due corsi d'acqua: oggi sono rimasti brevi tratti di quelle mura e delle numerose torri ubicate agli angoli dell'ottagono e ai lati delle porte della città in corrispondenza del cardo, la Via Maestra, oggi via Vittorio Emanuele II, e del decumano, oggi via Cavour e via Acqui; si ha notizia che la città ospitò l'imperatore Augusto in viaggio per le Gallie e diede i natali all'imperatore Pertinace, uno sconosciuto imperatore che governò Roma e il suo impero per brevissimo tempo: fu proclamato il 1º gennaio 193 e regnò per tre mesi, prima di essere assassinato dai pretoriani il 28 marzo.

resti romani: 1 resti del foro, 2 resti del teatro e chiesa S.Giuseppe, 3 resti del cardo max., 4 resti di domus, 5 resti edificio pubblico e Municipio, 7 resti del tempio Piazza Pertinace e palazzo Marro, 8 resti di strada, 10 resti di domus, 11 resti di strada, 12 resti di strada e di domus e Teatro sociale, 13 resti di domus e incrocio di strade palazzo Porro, 18 resti di strada e condotto fognario, 21 resti di domus con affreschi, 23 resti di domus con mosaici, 24 resti edificio pubblico, 27 resti di domus, 29 resti sistema fognario.
resti della cinta muraria romana/medievale: 17 cinta muraria romana, 19 resti cinta muraria romana e medievale, 20 resti cinta muraria romana, 22 resti cinta muraria romana, di ambiente annesso, forse caserma e base di torre, 25 resti di porta urbica romana,
26 cinta muraria medievale e Ospedale, 28 resti cinta muraria medievale.
resti di edifici e torri medievali: 6 resti edifici e torri, 30 resti chiese precedenti al duomo attuale e primo fonte battesimale, resti decumano max.
edifici medievali/rinascimentali: 14 chiesa San Domenico medievale, 15 palazzo Serralunga rinascimentale, 16 resti medievali, chiesa della Maddalena e museo F.Eusebio, 31 casa Do medievale con fregio.

La mia visita solitaria della città ha inizio sotto l'attuale calpestio: mi sono prenotato per un breve percorso denominato Alba Sotterranea, ho esibito in mio gren pass al banchetto posto sotto il portico del Palazzo comunale e, in compagnia di una giovane archeologa, ho visitato, con un piccolo gruppo di altre persone, alcuni luoghi con resti delle costruzioni della città romana e medioevale, le radici storiche della città di Alba, un modo insolito per conoscere una città, ciò che rimane di torri medioevali, del grande foro, del sistema fognario romano, ambienti che oggi si trovano nelle cantine di abitazioni, palazzi e banche della moderna città.
Con Alba Sotterranea, sia pure per un'oretta solamente, si può tornare ai tempi di Alba Pompeia e, quello che oggi è il centro storico, ha visto succedersi diverse città, una dopo l'altra, anzi, una sull'altra, nel medesimo luogo. La città medievale è cresciuta sui resti di quella romana; quella moderna ne ha preso il posto, conservando alcune torri, palazzi, case-forti, chiese, senza cancellarla del tutto, fino alla città attuale, che sembra plasmata nella sua forma dai lineamenti urbani delle città che l'hanno preceduta. Degli ultimi duemila anni di storia molti frammenti sono rimasti nel sottosuolo cittadino, e li possiamo visitare, non tutti nello stesso giorno, ma rimangono comunque come segni del passato a ricordarci la storia e le vicende di molte generazioni degli abitanti di questa città. Al termine della visita ci siamo spostati alla periferia nord-orientale per osservare un piccolo tratto delle vecchie mura e il basamento dell'unica torre difensiva lungo le mura.
Questo viaggio sotto terra, per mio conto, l'ho completato nel pomeriggio visitando gli scavi sotto il presbiterio del duomo.

Dopo aver osservato una parte del basamento dell'antico tempio in Piazza Pertinace, ho visitato il Museo Civico Archeologico e di scienze naturali "Federico Eusebio", nella prima parte ancora in compagnia della guida, poi in solitaria quasi esclusivamente nelle stanze del settore archeologico. Questo museo è stato creato su iniziativa di Federico Eusebio. Il primo ritrovamento importante a trovare accoglienza fu un monumento sepolcrale, posto proprio all'inizio, che si aggiunse a un gruppo di oggetti di valore archeologico. Negli anni successivi si aggiunsero delle collezioni private, la Raccolta Fontana e la Collezione Sotteri, e una serie di altri reperti preistorici donati. Nel 1947 venne inaugurata una nuova sede, in un locale del Liceo Ginnasio. Nel 1976 tutti i materiali sono stati trasferiti nell'attuale sede definitiva, ubicata nell'ala ottocentesca di un ex convento del cortile della Maddalena. Sempre nel 1976 venne aperta al pubblico una sezione dedicata alla storia naturale.

Nei periodi successivi alla dominazione romana e dopo la caduta dell'Impero romano d'Occidente, nel 490 la città venne saccheggiata dai Burgundi seguiti, nel 640, dai Longobardi di Rotari e dai Franchi di Carlo Magno, poi venne costruita una nuova cerchia muraria in epoca medioevale. La città, nonostante le difese approntate, subì diverse incursioni dei Saraceni che impoverirono a tal punto la diocesi di Alba che si giunse a sopprimerla e a unirla a quelle di Asti e Savona. Le mura medioevali rappresentavano un nuovo sistema di difesa: costruite su un basamento alto oltre due metri, avevano mezzo metro di spessore, erano munite di contrafforti e torrioni, per tutto il loro perimetro erano circondate da un fossato. Le porte della città rispecchiavano le vie di accesso: a nord Porta Tanaro, a sud Porta San Martino, a est Porta del Soccorso o Porta Cherasca, a sud-est Porta San Biagio, a ovest porta Castello. Ogni porta disponeva di torri per il corpo di guardia e per i funzionari addetti alla riscossione dei pedaggi. Grazie all'espansione territoriale del comune, Alba vide il formarsi di alcuni castelli costruiti a formare una corona sulle colline attorno, con funzioni difensive.
Nello stesso periodo vennero edificati monasteri, chiese, e ospedali per la cura dei lebbrosi e delle malattie infettive come quella del fuoco sacro, malattia epidemica all'epoca molto diffusa. A questo periodo risale lo stemma di Alba in cui appare una croce rossa in campo argento. Nel 1259 Alba si alleò con Carlo I d'Angiò, riuscendo a gestire le controversie con la vicina Asti, ma il periodo era denso di rivalità tra le famiglie guelfe e quelle ghibelline, che si contendevano il predominio sul territorio. Il segno ancora evidente di quell'epoca sono le torri, tanto che si parla delle "cento torri", alcune utilizzate anche come carceri personali dai proprietari. Alcune di esse, a pianta quadrata, prolungano ancora oggi il tipico aspetto medioevale della città.

Nel XII secolo divenne comune e aderì alla Lega Lombarda. La maggior parte delle torri rimaste dopo le lotte intestine che terminavano quasi sempre con l'abbattimento parziale o totale di quelle degli avversari vinti, venne demolita nell'800 e il materiale venne utilizzato per apportare modifiche all'edificio del Duomo o di altre costruzioni.
Il conflitto tra francesi e spagnoli, nella prima metà del '500, vide Alba teatro di scontri violenti, che si aggravarono con l'arrivo in città, nel 1537, di Carlo V che provocò ulteriore devastazioni e saccheggi. Dopo la Pace di Cateau-Cambrésis del 1559, Alba venne ceduta ai Gonzaga e ci fu un periodo di pace relativa per un territorio devastato e impoverito. Altri danni vennero provocati dai terremoti avvenuti tra il 1541 e il 1549. Morto Francesco IV Gonzaga, Alba venne attaccata da Carlo Emanuele I di Savoia, che la pose sotto assedio, una prima volta nel 1613 e riuscì a espugnarla solo nel 1628, dopo alterne vicende.
Cessate le guerre fu la volta della peste, nel 1630. Poi ci fu un breve periodo di ripresa economica con fiere e mercati che non durò molto. Nonostante ciò vennero costruiti nuovi edifici come l'ospedale di San Lazzaro, venne ricostruita la chiesa dei Santi Cosma e Damiano e la chiesa di Santa Maria Maddalena. Il perimetro urbano rimase però invariato fino all'epoca moderna. Nel 1631, con il Trattato di Cherasco Alba passò ai Savoia.

Al termine del Settecento la città conobbe la Rivoluzione francese e fu una delle prime a propugnare la fede giacobina, proclamandosi repubblica e accogliendo l'entrata di Napoleone Bonaparte nel 1796. L'avventura francese fu di breve durata, provocò alcuni lutti, profanazioni di opere d'arte e di edifici storici; per esempio, la chiesa gotica di San Domenico venne convertita in scuderia. Le ordinanze di contribuzione alle spese di mantenimento dell'esercito francese, unite ai saccheggi di opere d'arte, alle violenze fisiche nei confronti della popolazione e l'introduzione della leva obbligatoria esasperarono la popolazione e indussero molti albesi ad abbandonare la città e a confluire nelle formazioni che tentavano di contrastare i soprusi commessi dall'esercito francese.
La ricostruzione della città, dopo le devastazioni della Rivoluzione francese, iniziò con Carlo Felice di Savoia, che portò all'edificazione del Monastero della Maddalena, risistemò la via che univa Alba con Savona, Via Roma e Piazza Savona. Gradualmente la città vide affermarsi la borghesia nascente dei commercianti, dei tecnici e dei professionisti che, dopo il 1848, gradualmente occuparono le cariche pubbliche.
Dopo la prima guerra mondiale, senza entusiasmo la città convisse con il fascismo, intraprendendo attività fieristiche di successo, come la fiera del Tartufo nel 1929; mentre, in polemica con il Palio di Asti, si dette vita alla competizione fra asini che permane ancora fino ad oggi. Alba, durante la seconda guerra mondiale, fu proclamata "repubblica indipendente" nell'autunno del 1944, fu la prima repubblica partigiana, ottenendo una medaglia d'oro al valor militare, per l'intensa attività partigiana, raccontata dallo scrittore Beppe Fenoglio.

La parte antica della città è raccolta attorno al duomo di San Lorenzo, ricostruito in forme gotico-lombarde alla fine del sec. XV, su una chiesa romanica dei secoli IX-XI e, alla fine, fu restaurato nel 1867-72 in forme neo-gotiche. Interessanti sono la chiesa barocca di Santa Maria Maddalena e la chiesa di San Domenico più volte restaurata. Tra gli edifici civili spiccano la medievale loggia dei Mercanti, la coeva torre Astesiano e alcune caseforti dalle caratteristiche forme medievali e tardo-medievali.

Dal 1929 la città ospita la più antica Fiera del Tartufo bianco, nel corso della quale si svolgono il Palio degli Asini e la Giostra delle Cento Torri, rievocazione storica con una sfilata di personaggi in costume. La Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d'Alba è una delle principali vetrine dell'alta gastronomia e delle eccellenze italiane. È il cuore storico di una manifestazione dedicata al Tuber magnatum, un'area espositiva ubicata all'interno del Cortile della Maddalena, in pieno centro storico, il luogo ideale per apprezzare e acquistare il meglio dei tartufi provenienti dai boschi di Langhe Roero e Monferrato. Poco lontano dalla cittadina piemontese, precisamente nel Castello di Grinzane Cavour, ogni anno si tiene invece l'Asta Mondiale del Tartufo bianco d'Alba. Il tartufo bianco cresce anche in altri territori, soprattutto italiani, dove si svolgono fiere e mercati, ma quella di Alba è la fiera internazionale più rinomata che attira compratori da molti Paesi esteri, soprattutto quelli americani, russi e dell'Estremo Oriente.
Il tartufo è un fungo simbionte, ipogeo, cresce interrato alle profondità che possono andare da pochi centimetri fino a oltre un metro, in associazione con latifoglie in terreni argillosi, spesso lungo corsi d'acqua, a fine estate-autunno-inverno. Il tartufo bianco cresce in terreni marnosi-calcarei, dove sono presenti le piante di faggio, nocciolo, cerro, rovere, roverella, pioppo, carpino, salice o tiglio. È uno dei funghi più pregiati e viene consumato abitualmente con tagliolini al burro, risotto al parmigiano o carni che non abbiano un sapore troppo pronunciato, affettato sottilmente con il tipico "affettatartufo".
A fare da corollario al Mercato del Tartufo Bianco, vi sono anche gli stand della rassegna enogastronomica AlbaQualità, una panoramica sull'eccellenza dell'offerta gastronomica e vitivinicola piemontese, ponendo particolare attenzione alle produzioni artigianali del territorio, con prodotti in degustazione e vendita di vini, nocciole, salumi, ortaggi, formaggi, miele, ecc.prodotti nel vasto territorio delle Langhe.

La cattedrale di San Lorenzo è il principale luogo di culto cattolico di Alba, chiesa madre dell'omonima diocesi. L'attuale cattedrale fu costruita tra il 1486 e il 1517, in quanto la precedente struttura versava in ben misere condizioni. Dell'antica chiesa, già esistente nell'XI secolo, furono mantenuti soltanto il campanile, i tre portali e il portico della facciata e la cripta; le altre parti, pericolanti, vennero abbattute. Nel 1577 e nel 1584, la cattedrale fu visitata da alcuni prelati inviati dal Vaticano e chiesero all'allora vescovo di adeguare la chiesa, almeno il presbiterio, ai dettami del Concilio di Trento, perciò si intervenne su una parte della struttura. Nel 1626 poi, in seguito a due terremoti, e al crollo della volta a crociera della navata centrale, si intervenne nuovamente per sostituire la parte crollata nel 1652. Nel corso dei secoli XVIII e XIX, la cattedrale fu oggetto di restauri di consolidamento e dotata di nuovi altari e cappelle, fra cui, nel transetto, l'altare di san Teobaldo e quello del SS. Sacramento.

Tra il 1867 e il 1872 avviene l'ultima modifica dell'edificio: nel 1870, al posto della monofora centrale, viene aperto un rosone circolare e, partire dal 1871, viene realizzato l'apparato decorativo ad affresco delle volte e delle pareti. Da ultimo nel 1878 avviene il completamento della facciata. L'edificio in stile gotico è caratterizzato da mattoncini rossi e prospetta sulla piazza con la facciata suddivisa in tre sezioni da pilastri in corrispondenza delle navate interne. La facciata è decorata da quattro bassorilievi raffiguranti i simboli dei quattro evangelisti: da sinistra, l'angelo di Matteo, il leone di Marco, il bue di Luca e l'aquila di Giovanni, e si dice che le iniziali dei simboli, a, l, b, a siano proprio il nome di Alba. Al disotto del rosone, invece, vi è una statua del giovane diacono Lorenzo marterizzato sotto l'imperatore Valeriano nel 258, bruciato su di una graticola incandescente. Partito in stile gotico-lombardo, il duomo ha subito parecchie rimaneggiamenti in stile neo-gotico che ne hanno fortemente alterato l'impianto originale.
L'interno della chiesa è in tre alte navate di quattro campate ciascuna, con profondo transetto in corrispondenza della quarta campata. Le navate, coperte con volte a crociera dipinte a cielo stellato, sono suddivise da arcate a sesto acuto poggianti su pilastri polistili bicromatici. Lungo le navate laterali, si aprono sei cappelle, tre per lato e due ricchi altari nel transetto.

Dietro al vecchio altare maggiore dell'abside rialzato, vi è il coro ligneo del 1512. Il coro è un'opera di ebanisteria costituito da trentacinque scanni intarsiati, disposti a semicerchio su due file. Al centro è presente lo stallo episcopale, sormontato dal baldacchino e fiancheggiato dai vari stalli. Nei dossali si alternano due tipologie di soggetti: gli scorci urbani e gli oggetti della liturgia. Sono stati usati per gli intarsi legni differenti, in modo da creare varie sfumature cromatiche. Nelle raffigurazioni si notano strumenti musicali, libri rilegati, oggetti di culto, i simboli della Passione, gabiette con uccellini, coppe ricolme di frutta, paesi arroccati su colline.

Scendendo dall'abside sono passato attraverso una piccola porta al Museo Diocesano che ha sede nei locali ipogei della cattedrale stessa, nato nel 2012 come risultato di una campagna di scavo archeologico (vedi foto 167 ripresa dalla copertina del volume che descrive lo scavo) condotta tra il 2007 e il 2008 per realizzare un impianto di riscaldamento sotto il pavimento della Cattedrale. Il lavoro degli archeologi ha permesso di riportare alla luce importanti testimonianze del passato: i resti della città romana di Alba Pompeia, in particolare l'area orientale del foro, sede di un corpo di fabbrica del I-II secolo, il sovrapporsi in epoca tardo antica di una fase di edilizia privata, la fondazione della prima chiesa nel VI secolo che, con il fonte battesimale, permette di confermare la datazione delle origini della diocesi albese, le trasformazioni altomedievali, la ricostruzione romanica e quella rinascimentale. L'antica città era nascosta sotto il pavimento dell'attuale chiesa. Sapendolo prima, l'entrata vera al museo era posto sotto la torre campanaria romanica che racchiude un secondo campanile di dimensioni minori, databile alla fine del X secolo. Lungo il percorso di visita è possibile osservare alcune vetrine che conservano i materiali ceramici databili all'età romana e al Medioevo, i frammenti vitrei tardoantichi e altomedievali, intonaci dipinti riconducibili alla decorazione pittorica dell'edificio nelle sue fasi più antiche e scartati dalla ricostruzione di fine Quattrocento, le monete tra le quali una di Giustino II, primo caso di ritrovamento di un esemplare bizantino in uno scavo piemontese.

Oggi, domenica 24 ottobre, durante la Fiera del Tartufo ad Alba si tiene anche il Corteo storico con sfilata in costume tradizionale lungo le vie di Alba fino alla cattedrale. In questa occasione sfilano gli sbandieratori e i figuranti del rione di San Lorenzo che festeggiano i quarant'anni dalla loro fondazione e, durante la Messa, verranno commemorati anche i cari defunti del Borgo di San Lorenzo.

All'esterno, addossata all'abside, vi è l'alta torre campanaria, risalente al XIII secolo e modificata nel 1477. In essa si aprono quattro ordini di finestre: in basso un ordine di monofore, poi, salendo, due ordini di bifore e un ordine di quadrifore (solo le due centrali sono aperte). La copertura è tramite una cuspide in mattoni con sulla punta un galletto dorato.
Accanto al duomo, nel centro storico, sono ubicate altre chiese di epoche e stili diversi: la Maddalena, San Domenico, Santi Cosma e Damiano, San Giovanni, San Giuseppe e Santa Caterina.

La chiesa della Maddalena è un edificio risalente alla metà del XVIII secolo e terminata nel 1749. La costruzione della chiesa venne affidata a B. Antonio Vittone, uno dei maggiori esponenti del Barocco Piemontese, e proprio allo stile barocco piemonte si rifà la non completata facciata dell'edificio in mattoni con andamento sinuoso e dinamico, con linee ad onde che richiamano altri edifici piemontesi delle stesso periodo. Precedentemente il luogo era stato destinato ad ospitare un edificio religioso voluto nel 1442 dalla Beata Margherita di Savoia che, abbracciata la vita monastica dopo la morte del marito, fonda un convento seguendo la regola domenicana. Il rifacimento barocco non dimentica le sue origini e il richiamo alla Beata è presente sul portale di ingresso e all'interno della Chiesa dove si trova l'urna della Beata, in argento sbalzato, che contiene le sue reliquie. Ad un esterno per così dire un po' rude, fa da contrasto l'interno che viene paragonato da molti ad un piccolo salotto barocco, a pianta ellittica, inscritto in un rettangolo, con otto colonne corinzie di marmo rosato alternate a lesene verdastre e coperto dalla cupola ovata affrescata da una miriade di personaggi, angeli e putti, illuminata sulla sommità da un lanternino e da quattro finestre ovali.

La decorazione illusionistica della volta, con figure grandi in primo piano che decrescono di dimensione man mano che si avvicinano al centro del lanternino, fu realizzata dal pittore Michele A. Milocco tra il 1747 e il 1750, ed è incentrata sull'esaltazione della Beata Margherita di Savoia, sulla celebrazione dell'ordine domenicano e sull'omaggio alla dinastia sabauda, rappresentati in un vortice di nubi. L'altare maggiore è intitolato a S. Maria Maddalena, raffigurata nella pala ovale del 1825; ai lati due colonne tortili e in alto lo stemma sabaudo. Ai lati sono poste le statue settecentesche della Beata Margherita e di S. Rosa da Lima.
Il retrostante coro ligneo, di pianta trapezoidale che ospita 48 stalli in legno di noce, ha una volta, realizzata nel 1734, che presenta scorci di prospettive architettoniche barocche di grande effetto scenografico e, al centro del retrostante finestrone, vi è un prezioso crocifisso ligneo cinquecentesco.

Un terzo importante edificio religioso è la chiesa gotica di San Domenico, risalente al XIII secolo. Oltre duecento anni fa, all'epoca delle campagne militari in Italia di Napoleone, questo edificio fu usato come stalla per i cavalli delle milizie. La chiesa fu restaurata solo negli anni Settata. Nonostante sia ancora consacrata e ogni tanto si celebrino messe, la chiesa oggi viene prevalentemente usata per ospitate mostre, incontri culturali e concerti. La Chiesa venne fondata nel 1292 e fu affidata ai frati predicatori Domenicani. Il lato est appoggia sui resti di un edificio romano di carattere residenziale. La costruzione durò molti anni e, in un documento del 1440, il Papa Eugenio IV concesse indulgenze per raccogliere fondi per i lavori della fabbrica non ancora completamente ultimata. Probabilmente in quel periodo venne rimaneggiata in parte la struttura, che fu completata nel 1474. Successivamente, tra la seconda metà del 1600 e gli inizi del 1700, sono stati eseguiti altri interventi che alterarono la statica della struttura gotica, poichè furono costruite dieci cappelle laterali.

Nel sec. XIX vennero chiuse tre finestre dell'abside, asportate lapidi e iscrizioni, coperti affreschi, modificati alcuni altari. Alla Chiesa era annesso un convento, che venne demolito tra il XIX e il XX secolo. Una prima fase di restauri furono eseguiti intorno al 1930 con il ripristino dell'abside, la riapertura delle finestre precedentemente chiuse, il restauro delle cappelle terminali delle navate laterali, la chiusura delle dieci cappelle perimetrali, il ripristino del pavimento all'antico livello, il recupero di alcuni affreschi, in particolare il Santo e la Madonna della Misericordia nell'abside destra. Vennero abbattute alcune costruzioni addossate all'abside e al campanile. Dal 1975 a oggi sono stati eseguiti molti restauri per recuperare le antiche strutture, consolidare la statica dell'edificio e delle arcate delle navate laterali, rifacimento del tetto, recupero di alcuni cicli di affreschi. Lo scavo archeologico del 1983 ha permesso di scoprire il pavimento in cotto del XIV secolo, tombe del XIV secolo e dei secoli successivi e la fossa per la fusione di una campana del XV-XVI sec. Nel 1985 vennero completati i lavori di restauro del pavimento, di posa di impianto elettrico, illuminazione, porte, impianto di amplificazione sonora. Nel 1996-1998 altri scavi hanno rivelato i resti di una domus romana, sono venuti alla luce i resti di un ciclo di affreschi del XIV secolo.

La Chiesa è ora in uno stile gotico severo, primitivo, ad archi semiacuti. Le cordonature, le travature e le decorazioni testimoniano un passaggio dal romanico al gotico avvennuto nella seconda metà del 1200. La Chiesa presenta una facciata a due spioventi, divisa in tre campi da paraste; nel mediano sorge il portale a strombo con affresco nella lunetta che rappresenta la Madonna del Rosario con San Domenico e santa Caterina, restaurato nel 1991, con colonnine di arenaria e mattoni a fasce alterne. L'interno è a forma basilicale lunga cinquanta metri, a tre navate, tutte in mattoni, divise da poderose colonne parzialmente decorate da alternati scacchi bianchi e neri con archi ogivali. Le volte sono a crociera con cordonature poggianti sulle colonne e su semicolonne appoggiate ai muri perimetrali. L'abside è illuminato da cinque grandi finestre gotiche. L'interno è oggi spoglio degli altari barocchi e di ogni arredo. Gli affreschi appartengono a periodi diversi: del 1300-1330 sono le decorazione di finestre, lunette, fregi nella settima e ottava campata di sinistra; del 1340-1350 il completamento delle decorazioni precedenti e la decorazione degli archi della volta; del 1360-1365 le Storie di sant'Antonio Abate, la Madonna della Misericordia; del 1380-1390 gli affreschi dedicati a Cristo, la Madonna e san Giacomo; del 1400-1410 le Storie di santa Caterina d'Alessandria, santa Caterina da Siena, il beato Pietro di Lussemburgo; del 1450 il Martirio di san Sebastiano.

Chiesa dedicata ai Santi Cosma e Damiano, i gemelli medici, nati in Arabia, che curavano gratuitamente i malati, perciò chiamati anche anàrgiri, che significa senza argento, cioè senza denaro, e che furono martirizzati a Ciro, città vicina ad Antiochia, in Siria, durante il regno di Diocleziano e la persecuzione contro i cristiani indetta tra il 303 e il 311: è una chiesa ubicata nella Via Maestra, il cardo della città. Il culto per questi due giovani medici cristiani si diffuse in tutta la comunità cristiana orientale in Asia Minore, in Bulgaria, in Grecia, a Gerusalemme, fin da prima del V secolo, quando un oratorio fu a loro dedicato da papa Simmaco (498- 514) e poi Felice IV (525-530) fece edificare una basilica a Roma che porta il loro nome. Cosma e Damiano sono considerati da allora patroni di medici, chirurghi e farmacisti. Il loro culto è diffuso, in Italia, soprattutto al Centro Sud, come a Bitonto dove esiste un rinomato Santuario. A partire dal VI secolo, nel Canone della Messa, dopo gli Apostoli si ricordano i martiri, chiudendo l'elenco proprio con i loro nomi, Cosma e Damiano. Il culto per i due Santi, passato dall'Oriente all'Europa, si mantenne vivo fino a tutto il Rinascimento, dando luogo a un'iconografia tra le più ricche dell'Occidente, specie in Italia, Francia e Germania. A più di mille anni dalla loro morte, si dette il nome di uno di loro a quello che poi i fiorentini chiameranno padre della patria, Cosimo de' Medici il Vecchio. E la casata chiama a illustrare la vita dei due santi guaritori artisti del calibro di Beato Angelico, Filippo Lippi e Sandro Botticelli.

La chiesa fu edificata su resti di mura e pavimentazioni romane, e viene menzionata per la prima volta in documenti del '200. In documenti duecenteschi del Rigestum Comunis Albe, si afferma che persino le riunioni del Consiglio comunale si tengono «in porticu ecclesia sancti damiani». Tra il 1780 e il 1786 venne ricostruita dalle fondamenta, in stile barocco, con l'aggiunta del campanile: la sola facciata è incastonata ad angolo lungo la Via Maestra, contrapponendosi in diagonale con quella di S. Maria Maddalena, costituendo entrambe spigoli del medesimo crocevia, una chiesa a sinistra e una a destra. Il prospetto della chiesa, che in origine era in laterizio a vista, è ora caratterizzato da un profilo che tende alla sinuosità perchè riplasmata nel 1893 con materiali che hanno addolcito le strutture, mascherandone la fisionomia grezza in laterizi, come la Maddalena.

Il corpo della chiesa presenta uno schema longitudinale ad unica navata, con volte a botte e tutto l'insieme è decorato con stucchi. L'altare maggiore presenta solo parte delle sua struttura settecentesca, in marmi policromi a colori tenui, essendo stato smembrato: le sue originali componenti sono in parte visibili nel presbiterio, sotto e attorno al tabernacolo. La pala incastonata nella parete dove si trovava il vecchio altare è un dipinto del 1761, dove è raffigurato un arcangelo che mostra un'immagine dell'Annunciazione a Maria Vergine ai Santi Cosma e Damiano e ad un ammalato da loro assistito, e i due santi supplicano per la guarigione del grave infermo, mentre in primo piano, un angioletto porta un ramo di palma quale simbolo del loro martirio.

San Giovanni Battista, dopo la Cattedrale di San Lorenzo, è la chiesa più antica di Alba, probabilmente realizzata nel corso del VII-VIII secolo, in epoca longobarda e venne ricostruita nel 1229 con il medesimo orientamento canonico est (dove deve essere posizionata l'abside)-ovest. Essa dava il nome al terzo quartiere della città. Le sue primitive forme si possono solamente intuire dalle pochissime raffigurazioni esistenti. Nel 1556 la chiesa e parte degli edifici circostanti vennero concessi in uso ai padri Agostiniani, il cui convento era stato distrutto durante le guerre tra Francesi e Spagnoli. Verso il 1577 la chiesa viene ristrutturata su iniziativa dei frati agostiniani, invertendone anche l'orientamento dell'asse longitudinale. Tra il 1627 ed il 1630 la chiesa viene ricostruita pressoché totalmente. Nel 1700 fu abbellita la facciata, furono acquisite diverse opere d'arte e si eresse il porticato sul lato sud. In seguito all'invasione napoleonica, nel 1801, il convento è soppresso e gli Agostiniani abbandonarono la chiesa, che nel frattempo venne adibita a magazzino. Con la restaurazione, nel 1821 la chiesa viene riaperta al culto e arredata e sistemata anche recuperando dalla demolita chiesa di San Francesco numerosi arredi sacri e opere d'arte. Nel 1830 venne ricostruito il coro, nel 1834 rifatta la facciata. Poi, nel 1884 si rialzò la chiesa di circa quattro metri e venne costruita una nuova facciata e il soffitto a cassettoni ancor oggi presente. Negli ultimi decenni l'impianto della chiesa ed i suoi arredi sono rimasti sostanzialmente invariati eccezion fatta per la ricostruzione del presbiterio e il rinnovato pavimento. Nonostante dell'antico edificio di fondazione medievale sia sopravvissuto ben poco, sono invece numerose e spesso di grande pregio le opere d'arte antiche in esso conservate. Al centro della parete di fondo vi è la grande pala con il battesimo di Cristo, proveniente dalla chiesa di S. Francesco, opera del saviglianese Giovanni Antonio Molineri, realizzata nel terzo decennio del Seicento.
Il primo altare a sinistra è dedicato alla Madonna delle Grazie. Sulla sacra mensa dall'Ottocento è collocata la tavola dipinta nel 1377 da Barnaba da Modena, che raffigura la Madonna col Bambino, o Madonna del latte. Si tratta di un soggetto, trattato come un'icona alla «greca» ricollegabile ad antiche memorie bizantine; il dipinto proviene dalla demolita chiesa albese di S. Francesco d'Assisi. Risalgono ad epoca medievale i frammenti di affreschi intravedibili con difficoltà, nascosti dalla tribuna dell'organo, riscoperti nel 1989.

La Chiesa di San Giuseppe si trova a breve distanza dal duomo, in uno slargo chiamato San Giuseppe, a nor-ovest. Il sito prescelto agli inizi degli anni '40 del Seicento per erigervi la loro nuova sede di culto della Confraternita dei pellegrini, originariamente era occupato in parte da un settore del teatro romano del I-II secolo e da domus del IV secolo, poi da costruzioni medievali e post-medievali, fra cui una torre urbana. La facciata della chiesa è abbastanza semplice, ma al suo interno si trovano diversi cose più interessanti. Di stile baroccheggiante, soprattutto l'interno, l'edificio fu costruito in vari momenti tra il 1642 e la metà del XVIII secolo. Del 1645 è l'autorizzazione per la costruzione del campanile. Nel 1653 sono concluse le operazioni corrispondenti alla costruzione del corpo principale della chiesa e della sacrestia.
L'altare maggiore e il retablo seicentesco, un imponente apparato decorativo, sono la parte più appariscente sulla parete di fondo della chiesa. Il retablo, attualmente collocato sulla parete di fondo, era originariamente posto sopra la stessa mensa e costituiva un importante elemento di separazione, tra il presbiterio e il coro: una grandiosa macchina lignea, formata da tre parti distinte, che inquadra, al centro, la pala rincipale, realizzata da Giovanni Claret nel 1648 in sostituzione di quella originaria non più presente, con ai lati due Cariatidi lignee e le statue in nicchia dei Santi Grato e Andrea. Nel fastigio superiore è inserita una raffigurazione pittorica del Padre Eterno, dipinta nel 1755, sovrastata dallo stemma dei conti Rangone di Montelupo Albese, committenti dell'opera. Nel 1754-55, il retablo fu trasferito dall'altare all'attuale posizione, aggiungendovi pure il fastigio superiore. Al posta della pala originaria, è stata posta la statua in legno dipinto utilizzata durante la processione: è un'opera barocca raffigurante San Giuseppe, purtroppo privata di Gesù Bambino eretto su un globo. È attribuita a uno scultore torinese ed è stata eseguita nel 1743.

Poco distante da piazza Duomo, in Piazza Vittorio Veneto, si trova la chiesa di Santa Caterina, oggi officiata dalla parrocchia ortodossa romena di San Lorenzo. L'edificio fu costruito nella forma in cui si presenta attualmente, agli inizi del XVIII secolo come chiesa esterna dell'omonimo monastero domenicano di clausura. Non rimane nulla dell'edificio trecentesco, poiché la precedente struttura risultava essere così fatiscente che le monache chiesero di erigere una nuova chiesa barocca, ufficialmente consacrata nel 1711.
La facciata presenta un doppio ordine di lesene in stile dorico nel primo registro e ionico nel secondo. All'interno, sopra l'altare maggiore, vi è una tela raffigurante il Martirio di Santa Caterina d'Alessandria, datata 1705. Il vano centrale dell'aula, a pianta circolare, è ornato da quattro statue a stucco: San Domenico Guzman, fondatore dell'ordine domenicano; Santa Caterina da Siena, riformatrice dell'ordine; Sant'Innocenzo I papa e Santa Rosalia.